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L'industria sconfigge le crisi con investimenti ed export

Nel 2023 fatturato a 1.170 miliardi, 260 più del 2019. Per la prima volta i ricavi all'estero superano il 50%

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Incurante di pandemia e choc energetici, la manifattura italiana sembra essere in grado di superare qualsiasi ostacolo. Secondo il Rapporto Analisi dei Settori Industriali, presentato ieri da Intesa Sanpaolo insieme a Prometeia, il comparto chiuderà nel 2023 con un fatturato stabile a prezzi costanti (+0,4%) e in consolidamento rispetto al +9,1% del bennio 2021-2022. I ricavi a prezzi correnti raggiungeranno i 1.170 miliardi di euro a fine anno (+1%), 260 miliardi in più sul 2019.

A fare da traino a tutto il comparto c'è il contributo dell'export che, nel 2023, per la prima volta supererà la soglia del 50% sul totale del fatturato. Insomma, l'analisi restituisce la fotografia di un Paese vitale, con aziende che sono riuscite a trasferire i rincari sui prezzi dei prodotti senza perdere quote di mercato. E un'economia che negli ultimi anni ha regolarmente battuto le stime di crescita del Pil, ultimo trimestre compreso, con una crescita del +0,5% che ha sorpreso un po' tutti. «Il risultato è frutto del contributo del turismo», analizza Gregorio De Felice, capo economista di Intesa, «ma anche delle costruzioni, con incentivi generosi che forse non rivedremo più in quella misura, e poi c'è una rinnovata competitività del manifatturiero grazie agli investimenti privati in macchinari e Ict, cresciuti del 25% tra il 2016 e il 2022. In Germania, nostro competitor, il dato è stato appena del 2,5%».

Nell'ultimo biennio, in 11 settori su 15, la crescita produttiva delle aziende italiane è stata più forte di quella del competitor europeo più specializzato. E la distensione del contesto internazionale, atteso nel 2024, permetterà al manifatturiero tricolore di riposizionari su ritmi di crescita più spediti di quelli degli ultimi decenni, per un 1,3% medio annuo nel periodo 2024-2027. Vitali in tal senso saranno gli investimenti, sia quelli pubblici attivati dal Pnrr sia quelli privati, per proseguire il processo di rafforzamento e compensare il calo dei consumi erosi dall'inflazione. Rimane che la crescita del Pil degli ultimi anni non è basata sul nulla, aspetto che è stato notato dalle principali agenzie di rating (Fitch, S&P e Dbrs) che hanno avuto parole incoraggianti per il Paese.

Perfino Moody's, particolarmente critica con l'Italia, ha scelto di non declassarla come si temeva in un primo momento. E lo spread, malgrado previsioni fosche, è rimasto stabile in zona 185 punti con il governo Meloni, a un livello più basso dell'ultimo periodo di Mario Draghi. Segno che il mercato non guarda con preoccupazione all'Italia, nonostante i rialzi dei tassi.

Lo studio di Intesa e Prometeia individua fra i settori più dinamici nel periodo 2023-2027 quelli più coinvolti nella transizione digitale e green: autoveicoli e moto (con una crescita media del 2,8%), elettronica (2,5%), elettrotecnica (+2,2%) e meccanica (+1,6%). Bene anche farmaceutica e largo consumo (+1,3%), moda (+0,9%) e mobili (+0,8%). In un quadro roseo, però, emerge la sfida dell'invecchiamento della popolazione e del ricambio generazionale: nel 2022, la quota di under 40 nella manifattura è scesa al 34,8%.

Un problema condiviso anche ai vertici, dove solo il 20,5% delle realtà ha almeno un amministratore under 40 nel board.

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