Economia

L'Istat: "Il lavoro cresce solo per gli anziani, per i giovani è in calo"

Indicazioni positive per il Pil, ma crescono le differenze socio-economiche tra giovani e anziani, oltre che tra nord e Mezzogiorno

L'Istat: "Il lavoro cresce solo per gli anziani, per i giovani è in calo"

Non è una fotografia rassicurante, quella fornita dall'Istat sulla situazione del mercato del lavoro e sull'economia in Italia. A dispetto di alcuni indicatori positivi, compaiono molti numeri che indicano divari sempre maggiori tra ricchi e poveri, tra privilegiati e chi non ha alcuna tutela. Disparità che si possono evidenziare innanzitutto lungo due direttrici: quella anziani-giovani e quella nord-sud del Paese.

La situazione del lavoro

Nel suo rapporto annuale, l'Istituto di Statistica rileva come nel 2014 l'occupazione sia tornata a crescere, con 88mila unità in più, per un aumento dello 0,4%. Il dato però sorride solo ai lavoratori "più anziani", con 320mila occupati in più tra gli over55, mentre continua a scendere per gli under25 (-4,7%) e per gli under35(-2,9%). Chi cerca un lavoro lo fa in media per due anni: i tempi diventano sempre più lunghi. Inoltre continua ad aumentare il numero delle famiglie in cui lavora solo la donna, con un aumento di oltre tre punti percentuali rispetto al 2008: ad oggi in questa situazione si trovano quasi due milioni e mezzo di famiglie, il 12,9% del totale.

Continua a crescere a ritmi preoccupanti, inoltre, il fenomeno della cosiddetta "fuga dei cervelli", con sempre più giovani laureati che lasciano il nostro Paese per cercare miglior fortuna all'estero: "Tre mila dottori di ricerca del 2008 e 2010 (il 12,9%) vivono abitualmente all'estero" spiega l'Istat nel rapporto annuale, sottolineando: "La mobilità verso l'estero è superiore di quasi sei punti a quella della precedente indagine (7% dei dottori di ricerca delle coorti 2004 e 2006)." Ad aggravarsi è inoltre il divario di occupazione tra Nord e Sud d'Italia: nel 2014 la crescita dell'occupazione riguarda soltanto il Centro-nord, mentre il Mezzogiorno accusa una perdita di mezzo milione di occupati dall'inizio della crisi.

Nonostante la ripresa del mercato del lavoro, però, l'Italia rimane ancora lontana dalla media europea.

L'economia

Il Pil nel 2014 è rimasto ancora fermo al palo, ma dai primi mesi dell'anno in corso arrivano segnali incoraggianti: a trainare la ripresa della nostra economia, già dall'anno scorso, c'è anche l'accelerazione della domanda estera. Nel primo trimestre 2015, invece, secondo la stima preliminare, "il Pil ha registrato un primo aumento congiunturale (0,3%) dopo cinque trimestri di variazioni negative o nulle. Il prodotto interno lordo risulta invariato su base tendenziale, mentre la crescita acquisita per il 2015 è pari a +0,2%

Dal rapporto dell'Istat si evince come nel 2015 si sia attenuata la spinta della deflazione, grazie alla ripresa dei prezzi del greggio e del gas, ma anche come nel 2014 un numero rilevante di imprese abbia conosciuto finalmente segnali di ripresa, sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi.

Per quanto riguarda l'export, invece, va rilevato come il deprezzamento dell'euro dei primi mesi dell'anno abbia portato a una maggiore competitività verso i mercati extra-Ue.

Gli stranieri

La percentuale di popolazione straniera sul nostro territorio si attesta ormai all'8,3%, racconta l'Istat. Più del 40% di queste persone vive nelle grandi città del centro-nord. Le nazionalità più rappresentate sono quelle romena, albanese, marocchina e cinese. Più della metà degli stranieri dichiara di trovarsi bene nel nostro Paese, con una discreta conoscenza della lingua e una buona rete di conoscenze, che comprende anche molti italiani.

Disparità Nord-Sud

Continuano a crescere, purtroppo, i fattori di divario tra il nord e il Mezzogiorno, dal campo della salute (nel Mezzogiorno è più alto il numero di chi rinuncia alle cure) a quello lavorativo, dalle disparità sociali alla qualità della vita nei centri urbani.

Il presidente dell'Istat Giorgio Alleva ha rilevato inoltre come il mancato recupero del Mezzogiorno non consenta all'Italia di stare in linea con gli altri Paesi: "Il Mezzogiorno è da molti anni assente dalle priorità di policy - spiega Alleva - La dimensione del problema è tale che, se non si recupera il Mezzogiorno alla dimensioni di crescita e di sviluppo su cui si sta avviando il resto del Paese, sviluppo e crescita non potranno che essere penalizzati."

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