Marchionne: «Il Brasile ci aiuta, l'Italia no»

«La Fiat dovrà spiegare perché in Europa e in Italia non guadagna e in Brasile invece sì», aveva detto il ministro dello Sviluppo Corrado Passera al Corriere che lo aveva intercettato a San Paolo dove aveva incontrato i manager carioca del gruppo torinese.
«Perché il Brasile ci aiuta e l'Italia e l'Europa no», ha replicato a stretto giro di posta l'ad del Lingotto Sergio Marchionne che è persona sempre pronta a difendere il punto d'onore. Al ministro Passera, «non sarà sfuggito che il governo brasiliano è particolarmente attento alle problematiche dell'industria auto», ha affermato in una nota dicendosi «sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali».
Insomma, mentre il Sud America aiuta Fiat, nel nostro Paese il Lingotto sarebbe zavorrato. «In particolare per lo stabilimento nello Stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all'85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro», ha ricordato Marchionne precisando che «a questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni». L'ultima operazione del genere in Italia «si è verificata all'inizio degli anni novanta per lo stabilimento di Melfi», ha concluso pur dichiarandosi «felice» che il ministro «si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in Brasile».
Come ha ricordato la Cgia di Mestre il sito in provincia di Potenza dove si produce la Punto e quello di Pratola Serra, in provincia di Avellino, dove si costruiscono i motori hanno beneficiato di circa 1,3 miliardi di euro - 1,28 per la precisione - di sovvenzioni pubbliche. Marchionne sa bene che una situazione del genere non è più ripetibile («simili condizioni di finanziamento non sono ottenibili nell'ambito dell'Ue», ha ribadito ieri), ma è chiaro che la risposta a Passera sia un manifesto tentativo di cercare di mettere subito le carte in tavola.
Al premier Monti, e ai ministri Fornero e Passera che oggi si confronteranno con Marchionne e con il presidente John Elkann, Fiat ha già fatto capire che l'attuale scenario non consente all'industria europea dell'auto di ottenere quei vantaggi che le permetterero di abbassare costi di produzione già di per sé elevati. Perciò, secondo i rumor di Palazzo, se oggi Fiat confermerà l'impegno a proseguire nel nostro Paese (anche trasformandolo in una fabbrica per i modelli da vendere negli Usa), si potrebbe dialogare su un allargamento del fondo per la cassa integrazione in deroga e anche su misure che consentirebbero di attutire l'impatto della crisi sul Lingotto come la sterilizzazione dell'Iva sulla benzina. «Ne parleremo domani (oggi, ndr)», ha tagliato corto Passera a fine giornata per non inasprire il clima,
Il problema, a questo punto, potrebbe non risiedere nell'esiguità delle risorse disponibili a Palazzo Chigi (il sindacato più «responsabile», la Fim-Cisl ha continuato a chiedere incentivi per gli investimenti), ma nella effettiva durezza della realtà.


Archiviata ormai Fabbrica Italia come un libro dei sogni, come si può trovare il modo di continuare a produrre in un mercato che è crollato dai 2,5 milioni di auto vendute nel 2007 agli 1,35 milioni che a stento si prevede di raggiungere quest'anno?
La Borsa ieri ha scelto l'orientamento attendista e Fiat ha limitato la flessione all'1,1% chiudendo a 4,49 euro.

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