Marchionne fa volare Chrysler ma la Fiat finisce in rosso

Marchionne fa volare Chrysler ma la Fiat finisce in rosso

Stante così le cose Sergio Marchionne non sarà mai l’eroe dei due mondi nella pura declinazione automobilistica. Lo è negli Stati Uniti, dove la rediviva Chrysler-Jeep-Dodge ha archiviato un primo trimestre da record: ricavi su del 25%; utili netti più che quadruplicati a 473 milioni di dollari, grazie al +40% di vendite. Non lo è, invece, nella vecchia Europa, in casa della Fiat, dove le immatricolazioni languono a causa della crisi economica, ma anche di un’offerta del gruppo in questo momento piuttosto povera. «Insomma - concordano alcuni analisti - senza la Chrysler sarebbero dolori. E per fortuna che c’è la Chrysler a sostenere i conti del gruppo». I dati arrivati ieri da Auburn Hills, dove si è riunito il consiglio di amministrazione, hanno messo in allarme Piazza Affari ed è indicativo il -5,13% con cui il titolo, ai minimi storici di 3,73 euro, ha chiuso la giornata. Il Lingotto, infatti, deve dire grazie all’alleata del Michigan se è riuscito a chiudere in nero il primo trimestre. Senza questo apporto decisivo, Torino avrebbe registrato una perdita netta di 273 milioni di euro e di 207 milioni a livello di gestione ordinaria. Meglio, in Borsa, è andata a Fiat Industrial (+1,69% a 8,4 euro) dopo i risultati dell’altro giorno sopra le attese, grazie anche ai conti record di Cnh. L’Europa si conferma quindi l’anello debole del gruppo Fiat-Chrysler e nelle sale operative c’è chi sollecita Marchionne, dopo che è sfumata l’opzione Peugeot-Citroën, a spingere sull’acceleratore nella ricerca del terzo partner. «Tra Mazda e Suzuki - dice un banchiere - la seconda è l’alleato asiatico ideale: con Maruti va fortissimo in India e nelle aree limitrofe. I giapponesi devono solo risolvere i loro problemi con Volkswagen». Per ora gli obiettivi del gruppo indicati per il 2012 non cambiano: ricavi superiori a 77 miliardi, utile della gestione ordinaria fra 3,8 e 4,5 miliardi, utile netto tra 1,2 e 1,5 miliardi, indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi. Solo nel terzo trimestre, ha spiegato Marchionne, il gruppo sarà in grado di «articolare gli impatti della situazione economica nell’Eurozona sul proprio piano fino al 2014».
I risultati del trimestre non sono confrontabili con quelli dello stesso periodo del 2011 perché Fiat e Chrysler non erano ancora un unico gruppo, ma il contributo della controllata Usa è evidente. Anche sul fronte dei ricavi l’ammontare complessivo è pari a 20,2 miliardi, mentre quelli del Lingotto sono pari a 8,7 miliardi (-5,7%). Sale l’indebitamento netto delle attività industriali a 5,77 miliardi dai 5,52 di fine dicembre; senza la Chrysler i debiti risultano, a fine marzo, di 3,8 miliardi dai 2,4 di fine 2011.
Guardando il gruppo per aree geografiche, l’Europa è in rosso con una perdita operativa (marchi di lusso esclusi) di 170 milioni, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2011; il Nordamerica guadagna 681 milioni, il Sudamerica 235 e l’Asia 85 (il ritorno in Cina, con l’imminente avvio della produzione della berlina Viaggio darà i primi riscontri a fine anno).

A proposito dei due mondi, Marchionne ha spiegato agli analisti che «non investire in Europa attualmente non significa che il gruppo Fiat-Chysler sta deindustrializzando in questa regione; le architetture le abbiamo - ha precisato - e quando il mercato europeo si riprenderà potremo installarle rapidamente». Intanto America del Nord e America del Sud fanno il pieno.

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