Ita «non è una priorità per Air France-Klm, non ci stiamo perdendo il sonno», ha detto ieri l'ad del gruppo franco-olandese Benjamin Smith presentando i conti dell'esercizio 2021, tutt'altro che positivi: la perdita netta è stata di 3,3 miliardi, circa la metà rispetto al disgraziato 2020. Tuttavia, la compagnia si dice ottimista grazie a un quarto trimestre migliore delle stime. I ricavi dello scorso anno sono cresciuti del 29% a 14,3 miliardi, lontani dai 27,2 del 2019. Probabile un aumento di capitale, stimato fino a 4 miliardi (meno dei 6 miliardi ipotizzati in gennaio). Alla Borsa di Parigi il titolo AF è crollato del 7,63 per cento.
Smith ammette che il dossier Ita è sotto osservazione ma Air France potrebbe partecipare «attraverso i partner, non solo compagnie aeree». «Il mercato italiano è molto importante per noi ma non è al primo posto» ha ribadito l'ad, aggiungendo che centrali erano però gli slot di Linate: «Durante questa crisi siamo riusciti a ottenere diversi slot questo è stato per noi positivo». Una conferma, dopo le parole dell'ad di Ryanair, Michael O'Leary, di come i concorrenti si siano avvantaggiati grazie al fallimento di Alitalia. Comunque, ha detto Smith, «abbiamo piani per crescere in Italia se ci saranno le opportunità, anche con accordi commerciali. La nostra priorità è tornare in equilibrio».
In realtà Air France non potrebbe entrare in gara per Ita esponendosi direttamente, perché in base agli impegni con la Commissione Ue non può investire in una compagnia estera fino a quando non avrà rimborsato almeno il 75% degli aiuti di Stato ricevuti, cosa che Lufthansa ha già fatto integralmente. Per questo Smith indica come primo obbiettivo rimborsare i prestiti il prima possibile.
Da aprile 2020 il gruppo ha ricevuto dallo Stato francese aiuti per 14 miliardi di euro, 9,2 per Air France e 3,4 per Klm, più 1 miliardo in conto aumento di capitale e 1,2 miliardi per rinvio di contributi sociali; Klm ha inoltre ricevuto dallo Stato olandese 3,4 miliardi.
L'aumento preannunciato ieri serve per ricostituire i fondi e far fronte agli impegni. Parigi possiede qutasi il 30% del capitale e non può superare tale soglia senza incorrere nell'obbligo di Opa; in prospettiva, secondo gli impegni presi con l'Ue, deve tornare al 14,3% che aveva prima del Covid.
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