Mediobanca, Nagel convince il consiglio

Mediobanca, Nagel convince il consiglio

Piena e «unanime» fiducia sull'«esito delle indagini» della Procura di Milano e «soddisfazione» per l'operazione di Unipol-Fonsai. Il primo cda di Mediobanca, dopo la pausa estiva, ha riservato meno sorprese di quelle che il mercato aveva presagito, magari sull'onda di qualche indiscrezione.
Ma il fatto che non vi siano stati «fuochi d'artificio» non implica necessariamente che a Piazzetta Cuccia di qui a qualche tempo tutto debba restare immutato. Sicuramente, ieri è uscita più salda la posizione dell'amministratore delegato Alberto Nagel. Nel corso delle due ore circa di riunione i consiglieri hanno ascoltato in religioso silenzio l'esposizione del manager che non solo ha reso un'informativa sull'aggregazione tra la compagnia assicurativa delle Coop e Fondiaria-Sai (che dovrà uscire dall'azionariato Mediobanca entro fine 2013), ma ha spiegato i motivi che lo indussero a siglare per presa visione il cosiddetto «papello» con le richieste dei Ligresti.
E nessuno ha formulato osservazioni. Troppa la gratitudine nei confronti di Nagel per aver evitato la svalutazione degli 1,1 miliardi di esposizione verso Fonsai che avrebbe pregiudicato il futuro di Piazzetta Cuccia. «Nagel ha lavorato per sistemare i conti di Mediobanca senza alcuna innaturale illiceità», spiega un consigliere ribadendo che questo sentimento condiviso non è stato offuscato dalle tradizionali contrapposizioni politiche tra gli esponenti dell'azionariato (alcuni dei quali sono rimasti piccati per le dichiarazioni rilasciate il mese scorso a Repubblica dall'ad).
Come detto, questo non significa che a Mediobanca tutto sia destinato a restare immutato. Soprattutto, considerato che negli ultimi tempi si sono infittiti i rumor intorno a una riduzione della quota in Generali o comunque riguardanti le strategie per mettere in luce le attività bancarie rispetto al «pesante» portafoglio partecipazioni che tra l'altro, comprende anche Rcs. E così quell'unanimità interna al cda, all'esterno si è tramutata in qualcosa di diverso. Un altro consigliere ha gettato in pasto alle agenzie di stampa una tematica che ieri non è stata affrontata. «Il grande tema dei prossimi mesi sarà il riassetto della banca», ha detto un componente del board sottolineando che «bisognerà capire dove deve andare». La questione è sempre la stessa: il destino delle partecipazioni strategiche della banca. Nei prossimi mesi, ha spiegato quindi il consigliere, bisognerà «capire dove andrà Mediobanca, che è importante a livello nazionale, ma rispetto ai big internazionali non ha le stesse vie di accesso al funding».
Perché queste dichiarazioni? C'è qualcuno che vuole soffiare sul fuoco? Probabilmente sì. Se a stretto giro di posta il consigliere in quota soci esteri Tarak Ben Ammar ha sentito il bisogno di precisare che «non abbiamo mai discusso di split», cioè della separazione delle attività di banca d'affari da quella di holding di partecipazioni perché «non è un tema all'ordine del giorno».
«Il riassetto - ha aggiunto Ben Ammar - non è in discussione. La strategia di Mediobanca è stata presentata due mesi fa dall'amministratore delegato e piace al cda, che l'ha approvata». Tra giugno e luglio, infatti, Nagel aveva accennato a una riduzione del portafoglio equity, ma senza scendere nei dettagli e senza accennare al 13,2% del Leone.

Che, peraltro, con la recente nomina di Mario Greco è oggetto di grandi attenzioni da parte di Piazzetta Cuccia. Su Trieste, perciò, non è alle viste nessuno stravolgimento. Ma non è detto che qualcuno non voglia utilizzare le indagini della Procura di Milano come un cavallo di Troia per espugnare il fortino.

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