"Mediobanca-Unicredit? Non serve"

Nagel boccia l'ipotesi di fusione. Nei nove mesi profitti a +9%, confermata la cedola

"Mediobanca-Unicredit? Non serve"

Fusione Unicredit-Mediobanca? No, grazie. L'ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, presentando il risultati dei primi 9 mesi, ha escluso la possibilità di un matrimonio tra i due istituti, prefigurato da alcuni dossier predisposti dalle banche d'affari interessate a sollecitare sul fronte M&A il nuovo Ceo di Piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel (nella foto tonda). Sebbene «in finanza tutte le fantasie siano lecite, dal punto di vista industriale credo sia una combinazione che serva poco a entrambi», ha dichiarato Nagel rimarcando che un'integrazione «tra una banca d'affari specializzata come siamo noi e una banca universale come Unicredit sia poco sensata e dia poco sia all'uno che all'altro». Un meeting con Orcel, tuttavia, è nell'agenda di Nagel. «Sono contento - ha aggiunto - che una persona con il suo background possa lavorare per una banca italiana; sarà facile incontrarci appena avrà superato il periodo di ambientamento».

È noto che uno dei principali fautori dell'approdo di Orcel a Piazza Gae Aulenti sia stato proprio Leonardo Del Vecchio, principale azionista di Mediobanca con il 13,2% (ma con l'ok Bce a salire fino al 20%), titolare del 2% di Unicredit e, soprattutto, critico nei confronti della gestione delle Generali (di cui la sua Delfin ha il 4,82%). Il no di Nagel a un'eventuale fusione con Unicredit, oltre che basato su motivazioni industriali, esclude la possibilità di una «manovra a tenaglia» che da Milano possa portare a Trieste dove Francesco Gaetano Caltagirone (poco sopra l'1% di Mediobanca e titolare del 5,63% del Leone) ha esplicitato il proprio dissenso nei confronti di Donnet & C. non portando le proprie azioni in assemblea. «Abbiamo contatti con tutti nostri azionisti. «Il nostro azionariato cambia ogni giorno quindi non trovo molto interessante commentarne l'andamento dato che è una variabile che non dipende da noi, ma avviene sul mercato, e come tale a noi va bene, con tutti ci confrontiamo in maniera proficua», ha tagliato corto Nagel.

La solidità della posizione dell'ad sta nei numeri. Anche ieri Mediobanca ha presentato conti trimestrali brillanti, battendo le stime degli analisti. I ricavi nei nove mesi sono saliti a 1,964 miliardi (+3% su base annua), l'utile netto a 604 milioni (+9%), di cui 193 milioni nel terzo trimestre (dagli 85 milioni dei tre mesi gennaio-marzo 2020). Ruolo trainante hanno avuto le commissioni, salite al livello record di 571 milioni (+17%), spinte dal corporate e dal wealth management, settore dove Mediobanca vede ancora spazio per crescere anche tramite acquisizioni. Il Cet1 è in rialzo al 16,3% dal 16,2% di dicembre e l'istituto ha confermato un payout pari al 70% dell'utile sempre che la Bce non estenda oltre la scadenza del 30 settembre il divieto alle banche di distribuire dividendi. La cedola potrebbe superare gli 0,56 euro previsti dal consensus di mercato.

In un

contesto borsistico ribassista le parole di Nagel hanno comunque riportato l'attenzione sul risiko bancario beneficiando i titoli del comparto. Mediobanca è salita dello 0,21%, Unicredit dello 0,57% e Banco Bpm dello 0,99.

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