A una settimana dall'assemblea che unirà in matrimonio Fiat e Chrysler, non cessano le voci su un possibile o addirittura imminente menage a trois . E dopo l'ipotesi Volkswagen (in questo caso si era ipotizzato un vero blitz tedesco: immediate le smentite), ecco rispuntare la pista francese con Psa Peugeot Citroën. A dare quasi per fatta una fusione tra italo-americani e franco-cinesi (Dongfeng e l'Eliseo, con il 14% a testa, hanno preso di fatto il comando di Psa) è stato il Financial Times : «Fiat-Chrysler e Peugeot stanno valutando un accordo che creerebbe la quinta casa automobilistica mondiale con 8 milioni di auto l'anno», il titolo di testa apparso ieri sul sito, con tanto di richiami a fonti secondo le quali «le trattative sono in fase preliminare e i 2 gruppi hanno avuto contatti informali all'inizio dell'anno». Non è un mistero che un'alleanza del genere, già venuta alla ribalta più volte (due anni fa Fiat e Psa sono stati a un passo dall'unirsi, ma i francesi all'ultimo hanno preferito mettersi con Gm), sarebbe utile a entrambi per affrontare i problemi condivisi: gli elevati costi e la debole esposizione ai mercati emergenti, con la possibilità per Fca di sfruttare le sinergie offerte dalla presenza di Dongfeng e risolvere così l'annoso problema asiatico. Tanto è comunque bastato per far volare il titolo torinese fino a 7,92 euro (+3,9%) per poi riposizionarsi in chiusura a 7,79 euro (+2,1%). A raffreddare gli entusiasmi sono state le smentite arrivate da Parigi e Torino. Un portavoce di Fiat-Chrysler ha risposto al Ft che la società non è attualmente in trattative con Psa: «Abbiamo discussioni con tutti su progetti mirati», la preciszione successiva. E Psa: «Smentiamo che ci sia qualsiasi discussione con Fiat. In questo momento la nostra priorità è la ristrutturazione del gruppo».
Secondo il Ft , comunque, Parigi e Torino hanno già discusso, all'inizio del 2014, la possibilità di rivelerarsi un potenziale rivale di Volkswagen, Toyota e General Motors (i rapporti con Psa non sono più idilliaci). Ma i colloqui si sono fermati affinché possa essere completato l'investimento del colosso Dongfeng in Psa. Qualsiasi ulteriore passo, aggiunge il quotidiano della City, è atteso nel 2015. E lo stesso puntualizza il banchiere ben informato che si sarebbe confidato con il Ft : «Le trattative non sono iniziate, ma ci sono stati contatti e ritengo che il 2015 sarà l'anno decisivo».
Fiat e Psa sono già partner industriali, visto che condivisono la produzione ad Atessa (Chieti) dei rispettivi veicoli commerciali, mentre interromperanno nel 2016 la collaborazione a Valenciennes, in Francia, dove venivano realizzati i monovolume Phedra e Ulysse nonché, tuttora, il furgone Scudo. Per quest'ultimo è di questi giorni la notizia di un accordo tra Torino e Renault, che produrrà tra due anni il nuovo modello in un suo impianto.
E se Fiat-Chrysler è alla vigilia di una grande svolta, con il via libero alla fusione tra i due gruppi e l'avvio di un ambizioso piano di sviluppo basato su lusso e sportività, per i francesi la situazione è più complicata. Sia Fiat sia Psa sono due realtà in mano a due grandi famiglie, gli Agnelli-Elkann, da una parte, e i Peugeot dall'altra. Nel primo caso il numero uno della galassia, John Elkann, nominato erede dell'impero dal nonno Gianni Agnelli, gode della piena fiducia della famiglia e con il determinante lavoro dell'ad Sergio Marchionne è riuscito nell'impresa di conquistare l'americana Chrysler e trasformare il Lingotto in un'azienda globale. Da parte francese, invece, la situazione in casa Peugeot è tutt'altro che serena. Thierry, il presiedente del consiglio di sorveglianza, contrario a cedere ai cinesi il volante dell'azienda, se ne è andato sbattendo la porta dopo un lungo braccio di ferro con il cugino Robert, convinto che per salvare il gruppo bisognava aprire le porte allo Stato e a un nuovo socio forte, e a ricorrere a un aumento di capitale da 3 miliardi.
E così il gruppo Psa Peugeot Citroën si è trasformato in un leone con tre teste, molto sbilanciato verso la Cina, per non parlare delle non poche incognite sulla riuscita del riassetto quinquennale annunciato dal neo ad Carlos Tavares, con il ritorno alla generazione di cassa operativa positiva nel 2016 per salire a 2
miliardi nel 2018. «Con tutti questi problemi pensate che Marchionne si vada a imbarcare, proprio adesso, in un'avventura del genere?», afferma una fonte vicina a Torino. Per il terzo socio i tempi non sarebbero ancora maturi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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