Monsanto dice «sì» a Bayer Offerta record da 66 miliardi

Nasce il nuovo gigante dell'agrochimica. Ai soci vanno 128 dollari per azione. Ma c'è il nodo dell'Antitrust

Cinzia Meoni

Alla fine Monsanto ha detto di sì a Bayer per 57 miliardi di dollari in contanti, 66 includendo il debito. Un cifra gigantesta: più elevata del Pil di 140 Paesi al mondo, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale. Il gigante avrà capitalizzazione stimata prossima a 130 miliardi di euro a fronte di un fatturato pro-forma di 61 e un utile netto di 6,4 miliardi.

Dopo mesi di tira e molla il gigante agro-chimico americano ha accetto i 128 dollari messi sul piatto dal big tedesco del pharma, sei in più rispetto alla prima offerta rispedita al mittente lo scorso maggio, e due in meno rispetto alle ambizioni ventilate. Ma soprattutto venti dollari in più degli attuali prezzi di Monsanto a Wall Street (107,7 dollari).

L'unione dovrebbe essere efficace entro fine 2017 e, secondo Bayer porterà a una crescita dell'utile già dal primo anno e a sinergie di 1,5 miliardi a partire dal terzo anno. Dalla fusione Monsanto-Bayer nascerà il principale polo mondiale delle biotecnologie dedicate all'agricoltura: dalla produzione di pesticidi (dove il nuovo polo controllerà il 24% circa del mercato globale) alle sementi geneticamente modificate (qui la quota di mercato si assesterà al 30%). Negli Usa, ad esempio, il 70% dei campi di cotone sarebbe coltivato con semi del nuovo gigante dell'agro-chimica. D'altro canto la sola Monsanto ha il 23% dei semi brevettati a livello mondiale con cui sono coltivati 300 milioni di campi (dai 3 milioni di vent'anni fa). Per questo c'è già chi ipotizza il toto vendite delle attività (in pole position le sementi di colza) per centrare le future richieste dell'Antitrust e chi, come la svizzera Sygenta, si è già detta pronta al fare shopping.

L'operazione, colossale, si pone all'interno di uno scenario agro-chimico particolarmente dinamico che ha assistito negli ultimi mesi agli annunci di nozze tra Dow Chemical e DuPont, tra China National Chemical Corporation (azionista di Pirelli) e Syngenta e, da ultimo, tra Potash e Agrium. Tutte operazioni che si fondano sulla necessità di reperire economie di scala e diminuire i costi di produzione per affrontare la sfida del futuro: sfamare 9 miliardi di persone che abiteranno il pianeta entro il 2050.

Werner

Baumann, numero uno di Bayer, si è comunque detto ottimista sui necessari consensi istituzionali specificando di a aver avuto «alcuni contatti iniziali» con i regolatori antitrust, che hanno dato risposte «incoraggianti».

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