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Mps «dribbla» la Fondazione e fa partire il maxi-aumento

Alessandro Profumo e Fabrizio Viola restano sordi all'Sos lanciato dalla Fondazione Mps di Antonella Mansi e spingono il Monte Paschi verso l'aumento di capitale da 3 miliardi. La maxi-operazione, indispensabile per mantenere in equilibrio Rocca Salimbeni anche dopo il rimborso obbligato degli aiuti ricevuti dal Tesoro tramite i Monti-bond, sarà questa mattina sul tavolo del cda.
Domani sarà invece la Commissione europea a porre il definitivo sigillo all'intero piano di ristrutturazione, condizionandolo al rispetto degli impegni: tra cui, appunto, il rimborso entro fine 2014 del 70% dei 4 miliardi di Monti Bond in cassa.
L'accelerazione sulla ricapitalizzazione e l'importo più «tondo» rispetto ai 2,5 miliardi inizialmente ipotizzati, riflettono l'urgenza del Monte di non perdere la prima finestra utile sul mercato individuata a gennaio, prima che la stretta della Vigilanza unica aggiunga criticità al sistema creditizio, o aumenti l'incertezza sulla tenuta del governo Letta: i soci saranno quindi chiamati in assemblea già a fine dicembre. Per la stessa ragione il prezzo di emissione sarebbe semi-stracciato: l'aumento dovrebbe scattare a 5 centesimi, pari a uno sconto sul «Terp» superiore al 40%; quindi le azioni sarebbero raggruppate cento a una.
Da qui il tracollo di Mps in Piazza Affari che, più volte in asta di volatilità, ha chiuso in calo del 7,52% a 0,19 euro tra scambi pari al 3,8% del capitale.
A puntellare l'aumento sarà un affollato consorzio di garanzia composto da dieci istituti sotto la guida, probabilmente, di Ubs, Mediobanca, Citigroup e Goldman Sachs come global coordinator, mentre Société Générale, Merrill Lynch, Morgan Stanley e Barclays sarebbero i joint-bookrunner. L'operazione, in mancanza della quale Mps andrebbe incontro a una quasi certa statalizzazione, promette di mandare definitivamente al tappeto il già pericolante sistema-Siena, finora basato sull'asse Pd-Comune-Fondazione-Banca. La Fondazione, se continuerà a essere immobilizzata da 350 milioni di debiti, vedrebbe infatti cadere la propria quota post aumento intorno al 5%; una distanza siderale rispetto al mantra della maggioranza assoluta recitato dalla vecchia presidenza di Gabriello Mancini e dal Pd locale.
Da qui il tentativo di prendere tempo di Antonella Mansi, così da trovare un compratore per una fetta del 33,4% di Rocca Salimbeni posseduto dalla Fondazione, ma il piano è stato subito respinto, Codice civile alla mano, da Profumo. Al momento non si vede il «cavaliere bianco», ma a Siena proseguono i sondaggi a tappeto per trovare investitori disposti a partecipare all'aumento e ad acquistare in blocco un 14% di Mps dalla Fondazione.

Si parla di compratori esteri: qualche anno fa Mps aveva studiato una fusione con Bnl, ora in mano a Bnp Paribas. Dall'inchiesta sul Monte dell'era Mussari è invece emerso che la ristrutturazione del derivato Alexandria con Nomura è costato «220 milioni» a Mps.

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