Per Mps si apre un piccolo squarcio nelle nubi. La banca toscana ieri ha divulgato la sua nota informativa mensile al mercato in ottemperanza alle richieste di Consob. L'istituto ritiene che in seguito all'aumento di capitale da 2,5 miliardi e al compimento di alcuni tasselli del piano 2022-2026 (tra cui le 4.125 uscite anticipate) per il Monte si possa aprire una fase nuova. Infatti, si legge, sono «superati i dubbi significativi sulla continuità aziendale che erano stati dichiarati nelle rendicontazioni precedenti il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2022, segnando una positiva svolta nella gestione». Insomma, la banca non rischia più la risoluzione e ha più tempo per trovare un promesso sposo. Il mercato ci crede molto, tanto che in corrispondenza dell'informativa di Mps il titolo è scattato in Borsa per chiudere con un +6,5% a quota 2,05 euro per azione.
Al lavoro sul dossier vendita c'è anche il governo, primo azionista con il Mef al 64,2% e con la necessità di uscire dal capitale come richiesto dalla Commissione europea (la data concordata per la exit sarebbe il 2024). Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto il punto della situazione nella conferenza stampa di fine anno: «Lavoriamo per un'uscita ordinata dello Stato e per creare le condizioni perché in Italia ci siano più poli bancari». Dichiarazioni che forniscono un identikit abbastanza preciso di quello che vuol fare il governo: trovare una banca acquirente senza fretta, possibilmente italiana. E se l'orientamento è questo, gli interlocutori naturali sarebbero le più grandi banche del Paese. Potrebbe essere riallacciato il discorso con Unicredit, in passato vicina a rilevare il Monte, ma poi l'ad Andrea Orcel ha ritenuto non ci fossero lo condizioni per chiudere. Più recentemente, Orcel si è detto poco propenso alle acquisizioni in questo contesto di mercato (ma mai dire mai). Se non Unicredit, lo sguardo potrebbe rivolgersi al Banco Bpm, che ha legami sempre più stretti con il Credit Agricole, e che per la verità non ha mai chiuso completamente la porta a Mps. A settembre, l'ad di Bpm, Giuseppe Castagna, aveva precisato che il dossier Mps sulla sua scrivania non c'era mai stato. Tuttavia, avrebbe fatto un'operazione con «una banca già pronta alla ripartenza». Ora, a valle dell'aumento, con un piano di prepensionamenti andato in porto e la prospettiva di utili negli anni a venire, il Banco Bpm potrebbe in qualche modo riconsiderare il dossier Mps.
Ci sono però anche altre vie e una di queste porta a Bper, che ha da poco aggregato Carige. L'istituto modenese è il quarto gruppo bancario italiano, con 160 miliardi di attivi. Solleticato sul Monte, lo scorso novembre l'ad di Bper, Piero Luigi Montani, aveva detto di non avere «preclusioni su nulla».
Più defilata Intesa Sanpaolo, la più grande banca
italiana, che finora non è mai stata veramente in partita per Mps. Ma ha certamente la taglia per condurre un'operazione di questo genere, motivo per cui il governo - come extrema ratio - potrebbe bussare alla sua porta.
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