Economia

Mps, ultima chiamata: aumento al via

Lunedì parte la ricapitalizzazione da 3 miliardi, a prezzo di saldo. Fondazione all'angolo, in arrivo un socio forte

Mps, ultima chiamata: aumento al via

Mps è pronta a ripetere il copione di primavera del maxi aumento di capitale, quest'anno fino a un massimo di 3 miliardi circa (più in dettaglio 2,993 miliardi), su cui ieri è arrivato il via libera da parte di Consob.

Più in dettaglio, i diritti di opzione saranno negoziabili in Borsa da lunedì prossimo 25 maggio fino all'8 giugno e potranno essere esercitati, per la sottoscrizione di azioni Mps di nuova emissione fino al 12 giugno. Saranno emesse 2,558 miliardi di azioni di nuova emissione da offrire in opzione agli azionisti, a 1,17 euro l'una, con un rapporto di dieci nuovi titoli per ogni azione detenuta. Il prezzo di sottoscrizione (1,17 euro appunto) rappresenta uno sconto del 38,9% circa sul prezzo del titolo successivo allo stacco del diritto di opzione (il cosiddetto terp), calcolato sulla chiusura di ieri. Si tratta di un prezzo in linea con quanto atteso dal mercato, ovvero di uno sconto sul terp compreso tra il 35,5% (come la ricapitalizzazione da 5 miliardi dell'anno scorso) e il 40%. In poche parole, il possesso delle opzioni darà la possibilità di acquistare titoli Mps di nuova emissione a prezzi da saldo. Tutto pur attrarre gli azionisti tra cui, a luglio, apparirà anche il Tesoro. In seguito al mancato pagamento degli interessi sui prestiti governativi, e sulla base delle condizioni dell'offerta deliberate ieri, lo Stato entrerà infatti nel capitale di Mps con una quota pari al 4% circa.

Quella al via lunedì sarà quindi un'altra ricapitalizzazione fortemente diluitiva considerando che la banca si propone di raccogliere più della sua attuale capitalizzazione di Borsa (3 miliardi rispetto ai 2,4 miliardi). Questo significa che gli azionisti che non volessero aprire un'altra volta il portafoglio a sostengo delle esigenze Rocca Salimbeni, rischierebbero di trovarsi, al termine della ricapitalizzazione, con una partecipazione polverizzata. Questo aspetto, insieme ai prezzi da saldo a cui saranno emessi i nuovi titoli del gruppo, lascia immaginare, per i prossimi giorni, uno scenario di elevata volatilità sul mercato.

L'operazione è stata deliberata dall'assemblea di aprile per rafforzare il capitale del gruppo dopo la bocciatura registrata agli stress test oltre che, auspicabilmente, per rilanciare la banca redendola attraente in vista di quel matrimonio strenuamente voluto dalle istituzioni italiane ed europee. Il semaforo verde di Consob era ormai l'ultimo tassello mancante all'aumento di capitale dopo che, come da tradizione, lunedì scorso è divenuto efficace un imponente raggruppamento dei titoli (venti a uno) per facilitare l'operatività della ricapitalizzazione. L'auspicio che si è levato in questi ultimi mesi da più fronti, è che con la ricapitalizzazione possa arrivare anche una sospirata proposta di nozze. Il mercato non fa mistero di guardare sia a candidati italiani, tra cui il più accreditato pare essere Ubi Banca, sia a possibili partner stranieri, come Crédit Agricole che potrebbe cogliere l'occasione per rafforzare l'attuale presenza nel territorio (dove il gruppo francese è già presente con Cariparma). Intanto sul fronte degli azionisti Axa (a cui fa capo il 3,7% del capitale), ha confermato che sottoscriverà l'aumento pro quota, non dovrebbero esserci problemi neppure da parte di Alessandro Falciai (all'1,7% del capitale) e da parte di Fintech e Btg Pactual (che insieme detengono il 6,5%), sottoscrittori di un patto di sindacato con la Fondazione Mps (per un totale pari al 9% del capitale) che invece, ad oggi, non ha ancora preso posizione. Piazza Affari peraltro non sembra entusiasta. Mps ha chiuso la seduta a 9,38 euro (-3%), il 10% in meno rispetto a inizio settimana. D'altro canto negli ultimi otto anni, ovvero da quella vituperata acquisizione di Antonveneta considerata l'origine di tutti i mali, Mps ha ottenuto prestiti governativi per 3,9 miliardi, ma soprattutto ha finora raccolto sul mercato e bruciato circa 13 miliardi con diverse ricapitalizzazioni, ognuna delle quali avrebbe dovuto essere quella risolutiva.

Almeno sulla carta.

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