La nave di Carige si incaglia sui bond

Stop al prestito subordinato. "Mancano le condizioni di mercato"

La nave di Carige si incaglia sui bond

«Il consiglio di amministrazione ha preso atto che non si sono ancora verificate le condizioni di mercato utili ad emettere un prestito subordinato con le caratteristiche attese». Con queste poche righe, citate in fondo al comunicato stampa diffuso nel tardo pomeriggio, l'istituto guidato dall'ad Paolo Fiorentino alza bandiera bianca sulla prevista emissione di un prestito obbligazionario subordinato Tier 2 che aveva annunciato per la fine del trimestre. Il 9 febbraio il cda aveva approvato l'emissione di un prestito subordinato per un importo da 350 fino a 500 milioni. Nei giorni scorsi il management, assistito da un pool di banche (Credit Suisse, Ubs, Deutsche Bank e JpMorgan), aveva organizzato un roadshow in alcune piazze finanziarie europee funzionale al collocamento. Ma la reazione sarebbe stata fredda. Soprattutto perché il ricorso a un'emissione obbligazionaria subordinata arriva a pochi mesi dall'aumento di capitale da oltre 540 milioni chiuso a fine 2017, ricorrendo all'intervento dei garanti a vario titolo dell'operazione.

Il board ieri ha comunque dato il via libera alla strategia di riduzione dei crediti problematici per il periodo 2018-20. L'obiettivo è quello di dismettere sofferenze fino a un ammontare lordo di un miliardo. All'interno del portafoglio di totale crediti in sofferenza pari a 1,7 miliardi al 31 dicembre 2017, verrà selezionato un importo fino a 1 miliardo da cedere mediante una cartolarizzazione pubblica. Questa operazione verrà avviata nel secondo trimestre 2018 e il perfezionamento è atteso entro la fine dell'anno. Quanto al portafoglio delle inadempienze probabili, pari a circa 3 miliardi, l'istituto prevede di cedere un'esposizione lorda di 500 milioni nel 2018 e pari e altri 200 milioni nel 2019. In questo modo Fiorentino conta di ridurre lo stock complessivo del 56% dai livelli di fine 2017 (-34,5% la riduzione realizzata nel 2017).

Sullo sfondo resta la tensione fra i soci di controllo, la famiglia Malacalza, e il finanziere Raffaele Mincione: entrato nel capitale con il 5,4%, non esclude di salire in tempi brevi al 9,9%. E medita la revoca del cda.

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