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Negli Usa petrolio a prezzi di saldo

Il Wti crolla sotto i 70 dollari e manda al tappeto i titoli petroliferi. Giornata di passione per Eni, Saipem e Tenaris

Negli Usa petrolio a prezzi di saldo

È scattata la grande fuga, disordinata e irrazionale come spesso capita quando suona la ritirata. Da quando, giovedì scorso, l'Opec ha deciso di mantenere invariato il tetto alla produzione di greggio a 30 milioni di barili il giorno, sui titoli petroliferi è calata la notte. Vendite a cascata, ribassi ovunque. Anche Wall Street, che l'altroieri era riuscita a scansare la bufera grazie alla chiusura per il Thanksgiving, ha dovuto arrendersi davanti a quotazioni dell'oro nero sprofondate quasi del 10% a 66,15 dollari il barile: così, il paniere di azioni legate a filo doppio con i pozzi è arrivato a perdere oltre il 6%. Ma l'onda lunga delle vendite sul comparto ha continuato a farsi sentire nelle Borse europee (complice il Brent sotto i 70 dollari), colpendo pesantemente, a Piazza Affari, Tenaris (-4,32%), Eni (-2,72%), con gli analisti di Nomura che hanno ridotto il target sul titolo a 15,5 euro da 18,5 euro, e la controllata Saipem (-5,42%), il cui andamento sta complicando un po' i piani del Cane a sei zampe, che da tempo ha deciso di metterla sul mercato perché non più strategica. Dalla fine di luglio, quando l'ad Claudio Descalzi l'ha definita «no core» aprendo di fatto le danze per la valorizzazione, le azioni hanno perso oltre il 35%.

A livello europeo, l'indice di settore dei titoli energetici è crollato del 3,47%, con i tonfi di colossi come Total, Bp, Royal Dutch Shell e soprattutto Statoil, che è arrivata a perdere il 10% malgrado rassicurazioni sulla tenuta dei dividendi. La possibilità di un sensibile dimagrimento delle cedole è proprio tra i motivi principali dei crolli di questi giorni. Il timore, infatti, è che il calo delle quotazioni del petrolio possa impattare negativamente sui profitti futuri. Nel caso di Eni, gli esperti di Banca Imi stimano un impatto sugli utili pari a 1,8 miliardi nel caso il prezzo medio del greggio si attestasse nel 2015 a 70 dollari. Saipem, invece, potrebbe risentire di un alleggerimento del portafoglio degli appalti relativi ai progetti in acque profonde. Caso a parte Saras (+7,25% ieri), che può sfruttare la minor pressione sui margini di raffinazione proprio grazie alla caduta delle quotazioni del greggio.

La sensibile discesa delle quotazioni dell'oro nero ha intanto rinfocolato le polemiche (eterne) sul ritardato aggiustamento dei listini carburanti da parte delle compagnie. Un'accusa che l'Unione petrolifera ha respinto, ricordando che «da metà luglio a oggi la quotazione Platts della benzina ha mostrato una riduzione di circa 11,1 centesimi e il prezzo industriale (cioè al netto delle tasse), a tutto ieri (giovedì, ndr), era già sceso di circa 10,6 centesimi». Di fatto, secondo i petrolieri, nel periodo luglio-novembre 2014 i prezzi sono scesi mediamente di 13 centesimi, e sotto il profilo industriale lo scarto rispetto alla media europea è di appena due cent.

Si tratta di variazioni, conclude l'Up, che «si spera possano favorire una ripresa dei consumi, sempre che i vantaggi per gli automobilisti non vengano sterilizzati da nuovi aumenti delle accise, peraltro già previsti dall'1 gennaio 2015, quando dovrebbe scattare il nuovo incremento introdotto dal Decreto Imu del 2013, stimato intorno ai 2,5-3 centesimi di euro al litro».

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