EasyJet ha diffuso i dati di bilancio relativi all'anno fiscale 2012-2013. Nel contesto di un trasporto aereo che soffre ancora, dove anche il maggior concorrente low cost Ryanair annuncia un netto calo di profitti, la compagnia inglese sbalordisce il mercato con dati ottimi, che hanno fatto volare il titolo del 6% alla borsa di Londra. Il totale dei ricavi è stato di 5,078 miliardi di euro (4,258 in sterline, valuta nella quale è espresso il bilancio), con un incremento del 10,5%; i profitti prima delle tasse sono balzati addirittura del 50,9%, a quota 570 milioni di euro, mentre l'utile per azione ha registrato un incremento del 62,1%. Con questi dati sbaraglia anche la concorrente irlandese che prevede un secondo semestre in perdita per un centinaio di milioni.
La strategia di easyJet si basa su un'interpretazione intelligente del modello low cost, del quale utilizza soltanto il meglio: ottimizzazione dei costi, tempi di rotazione molto contenuti, massimo utilizzo degli aerei, flotta giovane di una sola famiglia; in più easyJet serve scali principali e non secondari (come Ryanair) e, a differenza dalla concorrente, i suoi voli sono tranquilli, senza pubblicità assordanti, il suo personale non ha un atteggiamento antagonista con il passeggero, la politica dei bagagli va incontro a chi viaggia, senza vessarlo. La compagnia inglese ha aumentato i ricavi per passeggero del 7%: questo significa che chi viaggia è disposto a spendere anche qualcosa in più del minimo, pur di avere un trattamento signorile. Ha aumentato i posti offerti del 3% e ha raggiunto un coefficiente di riempimento dell'89,3%, con passeggeri che hanno raggiunto i 60,8 milioni (più 4%). L'efficienza è massima: anche nel costante aggiornamento delle tecnologie al servizio di clienti e prenotazioni.
Impossibile non fare qualche riflessione su Alitalia. Le domande che vengono spontanee sono: perchè Alitalia perde 300 milioni all'anno quando easyJet ne guadagna il doppio? Quali sono le differenza che appesantiscono la compagnia italiana? Innanzitutto, easyJet è un emblema di flessibilità, Alitalia, al contrario, lo è di rigidità, quasi che la vecchia mentalità monopolista fosse rimasta incrostata anche con un azionariato tutto privato. È sempre stata, nel tempo, ostaggio del sindacato, e nelle decisioni rallentata da una burocrazia interna di impronta statale. Basta mettere a confronto, per esempio, il numero dei dipendenti delle due compagnie: 8mila quelli di easyJet, che servono 60,8 milioni di passeggeri, 14mila quelli di Alitalia per 22,9; è vero, la compagnia inglese non ha il lungo raggio, ma anche per Alitalia non è il core business, e puntare sul medio è stato un errore drammatico.
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