Nella ricca Germania i sindacati battono cassa

Nella «Germania felix», dove la disoccupazione è scesa ai minimi storici, i sindacati alzano il tiro. A cominciare dalla potente organizzazione dei metalmeccanici, la IgMetall, che sta organizzando scioperi «di avvertimento» a macchia di leopardo: nella fabbrica della Mercedes, a Sindelfingen, nei pressi di Stoccarda, è saltato il turno di lavoro di mercoledì notte, mentre ieri hanno incrociato le braccia i 4mila addetti dell'impianto Volkswagen di Mosel, in Sassonia, insieme a quelli della Bosch di Chemnitz.
Ed è solo l'inizio: Olivier Hoebel, responsabile di IgMetall per Berlino, il Brandeburgo e la Sassonia, ha annunciato che gli scioperi proseguiranno fino all'8 maggio, data della prossima riunione con la controparte, da lui definita «irragionevole». Di fatto, le posizioni sono lontane: il sindacato chiede, per i 3,7 milioni di addetti del settore metalmeccanico ed elettrotecnico, un aumento del 5,5% del salario per una durata contrattuale di un anno, mentre i datori di lavoro offrono invece un incremento del 2,3% per un contratto di 13 mesi. Ma è solo la punta dell'iceberg di una conflittualità che sta diventando sempre più acuta: lo segnala con preoccupazione la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che pubblica i dati raccolti dall'Agenzia federale del Lavoro, secondo cui lo scorso anno è raddoppiato rispetto al 2011 il numero di lavoratori che hanno scioperato.
Nel 2012 sono stati infatti 35.702 i tedeschi che hanno incrociato le braccia, più del doppio rispetto ai 14.259 del 2011. Senza neppure che le buste paga ne risentano troppo, visto che ad aumentare sono soprattutto i cosiddetti «scioperi bagattella», che di norma durano solo alcune ore al giorno. Campanelli d'allarme che danno un segnale chiaro: il sindacato vuole passare alla cassa, monetizzando i vantaggi di un'economia forte.

A un passo dalla piena occupazione, la Germania è infatti l'unico Paese europeo dove cercare e trovare lavoro non è un problema: nel 2012 ha registrato il tasso di disoccupazione più basso dal 1991, con 2.897mila senza lavoro, 79mila in meno del 2011. E per il 2013 l'Agenzia per il lavoro non prevede cambiamenti rilevanti.

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