Il lavoro è tornato a essere il tema centrale del dibattito economico in politica. Spiccano lo sblocco dei licenziamenti, le crisi aziendali e la transizione energetica in settori critici come l'automotive.
Lando Maria Sileoni guida il principale sindacato bancario, la Fabi: qual è la situazione nel sistema del credito? C'è un tema rischio-consolidamento all'orizzonte?
«Il Fondo esuberi, una conquista sindacale, ha evitato licenziamenti, invasivamente utilizzati in Europa, attraverso pensionamenti e prepensionamenti volontari. E con il Fondo per l'occupazione giovanile, altra conquista sindacale, siamo riusciti ad assumere oltre 30.000 giovani. il Fondo esuberi rimarrà la nostra priorità. Le aggregazioni che verranno produrranno sovrapposizioni di agenzie bancarie, uffici e direzioni generali. Ma con la concertazione con Abi e con le banche riusciremo a gestire, senza licenziamenti, anche questo periodo, il più delicato e difficile nella storia del settore bancario italiano».
Che valutazione date alle operazioni recenti di Intesa su Ubi, i nuovi sportelli per Bper e Credit Agricole su Creval?
«Le recenti aggregazioni nascono per volontà della Bce che pretende determinati requisiti di trasparenza, correttezza, efficienza e non tollera problematiche giudiziarie. Le integrazioni, nel primo anno, sono fisiologicamente complesse sia nell'organizzazione interna sia nei rapporti con la clientela. La qualità professionale del gruppo dirigente, in queste condizioni, fa sempre la differenza. I vertici delle banche si illudono se pensano di poter continuare a fare da soli, cioè senza supporti qualificati. Da domani, non sarà più la dimensione del gruppo bancario a essere decisiva, quella servirà soltanto per garantire importanti dividendi agli azionisti e quindi per blindare i ruoli di comando».
Cosa sarà, invece, determinante per le banche?
«Serviranno risposte in termini di qualità, di disponibilità, di consulenza e di tempi nei servizi alla clientela. Se, dopo un anno, rimarranno i problemi di oggi, vorrà dire che esistono carenze strutturali, come io temo, dovute a inadeguatezza di una parte della classe dirigente. Rispetto all'integrazione delle lavoratrici e dei lavoratori, il risultato fino a oggi è stato estremamente negativo, anzi pessimo, con l'eccezione positiva di Ubi in Bper. Per il resto, troppe chiacchiere, molto cinismo, poca sensibilità e disponibilità».
Quali sono le situazioni bancarie più critiche sul territorio?
«Il governatore Ignazio Visco il 6 luglio è stato chiaro. La differenza fra il mio pensiero e il suo è che non condivido un'ulteriore accelerazione rispetto alla riduzione dei costi e quindi del personale nelle piccole banche. Mediocredito Centrale e Popolare di Bari potranno aggregare quelle del Sud in difficoltà, ammesso che questo resti l'obiettivo. Moltissimi piccoli istituti in Italia svolgono un'importante funzione sociale ed economica nei territori di appartenenza e andrebbero salvaguardati da tutti perché è impensabile un settore bancario con il monopolio di tre, quattro gruppi».
Quale futuro chiedete per Carige e Mps?
«Per la vicenda Mps, i partiti dovrebbero restarne fuori. Sono fiducioso che il Mef e il suo ottimo direttore generale Alessandro Rivera, insieme col presidente del consiglio Mario Draghi, possano trovare le idonee soluzioni per tutelare lavoratori e clienti. Ma, come dice un proverbio, è arduo pensare di poter andare in paradiso a dispetto dei santi.
Per Carige, non accetteremo fondi speculativi che intendono massacrare territori e personale della banca, per esclusivi obiettivi di guadagno di breve periodo. Maccarone, Guido e Banca d'Italia hanno, fino a oggi, gestito bene la situazione. Ma l'avviso ai naviganti resta».
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