La corsa al vertice di Confindustria entra nel vivo. Oggi a Milano i tre saggi (Adolfo Guzzini, Giorgio Marsiaj e Luca Moschini) iniziano il tour per raccogliere il sostegno delle associazioni locali ai 4 candidati alla presidenza: Vincenzo Boccia, Marco Bonometti, Aurelio Regina e Alberto Vacchi. In vista dell'appuntamento, ieri si sono espresse sia le emiliane, sia le lombarde: due regioni che insieme valgono un terzo dei assembleari. Le emiliane si sono compattate su Vacchi; le lombarde invece sono divise, anche se lo stesso Vacchi (candidato dalla Assolombarda di Gianfelice Rocca) ha il sostegno del gigante di Milano e Monza, oltre che di Bergamo e Varese. Numeri che rendono il presidente di Bologna già oggi sicuro del 20% dei voti assembleari (ne servono 290) necessari per essere ammesso alle votazioni del consiglio generale del 17 marzo, da dove il 31 dello stesso mese uscirà l'unico «designato» per succedere a Giorgio Squinzi.
Il tempo stringe. E in gioco non c'è solo la rappresentanza degli industriali: «Senza una scelta fortemente condivisa Confindustria porterà i libri in Tribunale», dice un decano di viale dell'Astronomia riferendosi al rischio di ulteriori defezioni in un sistema associativo che costa 500 milioni l'anno, ma che non ha più il peso politico di un tempo, oltre ad essere nel mirino di un governo che non considera più come interlocutori i corpi intermedi. Al momento, invece, la situazione è la più divisiva possibile. E interessano più le partite di potere che gli interessi collettivi. Alcuni candidati si sono addirittura affidati a esperti comunicatori (le agenzie milanesi Image Building per Boccia, Close to Media per Vacchi e Sec per Bonometti): «Fenomeno già visto 4 anni fa - dice un ex dirigente - ma sbagliato: il presidente di Confindustria non dovrebbe fare campagne, ma essere scelto dal basso». Sono già intervenuti i tre saggi, con una lettera - in stretto confindustrialese - la cui essenza è: «Non parlate con la stampa, non andate in tv, non diffondete programmi, o vi squalifichiamo». Ma ormai i comunicatori sono stati assoldati.
La realtà è che la corsa si gioca dietro le quinte, pochi ascoltano i programmi. E ci sono varie chiavi di lettura. Tra queste il rinnovato scontro tra due ex presidenti e rivali quali Montezemolo e Marcegaglia. Al primo viene attribuita la candidatura Vacchi; alla seconda l'appoggio a Boccia. In un faccia a faccia che dovrebbe riproporre lo scontro tra grandi aziende dal lato Montezemolo-Vacchi, e piccoli e giovani da quello Marcegaglia-Boccia (anche se Marcegaglia, da presidente Eni, fa anche valere il peso dell'impresa pubblica). In questa chiave Bonometti è il più outsider, mentre Regina è accreditato al mondo Montezemolo per la sua vicinanza a un altro past president amico comune, Luigi Abete. C'è poi il sistema di voto: per andare in consiglio ci vuole il quorum assembleare. Ma lì votano altri, 198 teste pensanti in proprio. E dipenderà da chi ci arriva: posto che tutti 4 è impensabile, sono aperte le scommesse sui ticket con una delle vicepresidenze. Vacchi-Regina, Vacchi-Bonometti e Regina-Boccia le più gettonate; non quotata Boccia-Bonometti. Nel gioco del potere pesano il controllo dell'influente ufficio studi e la guida dell'Università Luiss. Ma la partita chiave è il Sole 24 Ore, il gruppo editoriale considerato da taluni «l'ultimo reale presidio di potere di Confindustria, l'unico che fa la differenza con altre associazioni: Confcommercio o Confartigianato non ce l'hanno un quotidiano». Così si dice che Vacchi abbia un accordo per mandare Rocca al vertice dell'editrice per poi lasciare a Montezemolo la tessitura di future alleanze (si parla di Rcs, altro grande malato dell'editoria italiana). Mentre con Bonometti salirebbe al vertice del Sole il suo grande sponsor, il past president Antonio D'Amato.
Di certo il Sole sarà una bella gatta da pelare per il prossimo inquilino di viale dell'Astronomia (che per statuto è il titolare delle azioni del Sole): dalla quotazione del 2008, in 7 anni il gruppo ha infilato 250 milioni di perdite, bruciandone 350 tra l'incasso della Borsa (240) e cessioni effettuate (il solo software ha fruttato 110 milioni). Si pensi che nei 10 anni precedenti avveniva il contrario. Era il Sole che finanziava Confindustria: oltre 160 milioni tra cedole e acquisto di azioni proprie. Ora si parla di altre cessioni e sembra si ragioni sulla quotazione in Borsa di Radio24. Più verosimilmente il prossimo presidente dovrà pensare al primo aumento di capitale della nuova storia. Ma che diranno gli associati? Arriveranno soci esterni? Un partner industriale? I candidati, per evitare problemi, non ne parlano.
Ma hanno posto a Squinzi una richiesta chiara: dal momento che il cda è in scadenza e che la lista di maggioranza va scritta 25 giorni prima dell'assemblea, questa andrà fissata in modo da dare il tempo al «presidente designato» di indicare lui i nomi del futuro consiglio. Deciderà Squinzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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