Nei primi quattro mesi dell'anno, lo stock di titoli di Stato detenuti dalle banche italiane è aumentato di 20 miliardi. Trend che va avanti ormai da quattro mesi consecutivi.
Il problema è che anche il debito pubblico continua a salire: secondo i dati diffusi ieri da Bankitalia ad aprile è stato pari a 2.270,4 miliardi, 10,1 miliardi in più rispetto al mese precedente.
Gli istituti nostrani non riescono o non vogliono impiegare la liquidità su altri binari? Di certo, appaiono ancora legate a triplo filo al debito sovrano italiano. Che spaventa chi italiano non è. Mentre le banche tricolori continuano a fare indigestione di Btp, infatti, a marzo si alleggerisce il portafoglio di titoli di Stato italiani detenuti da investitori stranieri. Il controvalore dei governativi italiani detenuti da investitori non residenti risultava pari a 663,836 miliardi, in lieve calo rispetto ai 664,228 miliardi di fine febbraio. Il dato segna un nuovo minimo da tre anni: per ritrovare un importo inferiore occorre risalire ai 655,900 miliardi di marzo 2014. In base a calcoli Reuters sui dati di Bankitalia, a marzo 2017 la quota di titoli di Stato italiani in mano a investitori esteri è scesa al 34,7% del totale di quelli in circolazione, dal 35,1% del mese precedente. Il portafoglio esteri include anche i titoli di Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti (come gestioni patrimoniali e fondi) e quelli detenuti dall'Eurosistema direttamente (e non attraverso Bankitalia) e da banche centrali di altri Paesi.
Nella sua ultima relazione annuale di fine maggio, Bankitalia ha reso noto che a fine 2016 la quota di titoli di Stato italiani in mano a investitori esteri veri e propri era pari al 26,7%, a fronte di un dato «lordo» del 36,1 per cento.
La massa dei titoli di Stato italiani in circolazione - che sale a fine marzo a circa 1.910 miliardi - aumenta ulteriormente ad aprile, avvicinandosi a quota 1.920 miliardi, di cui 1.
805 a medio lungo termine (dato anche quest'ultimo anticipato da Bankitalia).Quello che non si legge nelle tabelle di via Nazionale è che se i nostri istituti avessero diversificato i propri investimenti su titoli di stato di altri paesi dell'Eurozona, ora si troverebbero con ricche plusvalenze.
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