Economia

"Vi rivelo le nuove armi del Fisco": ecco che cosa ci aspetta

Intelligenza artificiale, text mining, machine learning: ecco la flotta di algoritmi che l'Agenzia delle Entrate vuole utilizzare per combattere l'evasione fiscale. "Ok i sistemi anti-evasione, ma quello che si paventa è inquietante"

"Vi rivelo le nuove armi del Fisco": ecco che cosa ci aspetta

Il Fisco si prepara a "vederci" sempre più chiaro: si sta allestendo una flotta di oltre 4mila persone che, tramite concorso, lavoreranno all'Agenzia delle Entrate con competenze diverse da quelle classiche di funzionaro: si tratta, tra gli altri, di profili che dovranno essere in grado di preparare sistemi altamente informatizzati per scovare quanti più evasori possibile.

Le nuove armi del Fisco

La prima cartuccia che l'Agenzia utilizzerà, e che racchiude anche le altre di cui andremo a parlare, riguarda l'intelligenza artificiale, un ramo dell’informatica che permette la programmazione e progettazione di sistemi sia hardware che software che permettono di dotare le macchine di determinate caratteristiche che vengono considerate tipicamente umane quali, ad esempio, le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali. Ma perché, proprio adesso, l'Agenzia delle Entrate si vuole armare di questa super tecnologia? "Preciso una cosa: si parla di possibili interventi normativi, non c’è ancora niente di ufficiale, bisogna evidenziarlo. Quest’input arriva dal Recovery plan: la Comunità europea impone a tutti gli Stati di attuare i sistemi di anti-evasione per la pioggia di miliardi che arriverà prossimamente”, afferma l'avvocato Massimo Leonardi (mleonardi@3lex.net), tra i massimi esperti in campo fiscale. Ricordiamo che il Consiglio dei Ministri ha dato via libera al Recovery plan italiano che ammonterà complessivamente a 248 miliardi di euro, da qui l’esigenza che questo denaro sia il più possibile “salvaguardato”. ”Ti dò 248 miliardi ma tu mi attui i sistemi di anti-evasione, perché non è che poi un terzo di questi ne beneficia l’evasione fiscale”, ci ha spiegato Leonardi. Il tema è questo: “È un intervento legislativo che ci richiede l’Ue a fronte del Recovery, parte tutto da lì”.

"Va messo un freno sul nascere"

A questo punto, ecco la nascita di una nuova intelligenza artificiale per stanare in modo tecnologico i “furbetti”: gli algoritmi in Italia sono già stati implementati con lo spesometro, una delle comunicazioni che i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto (Iva) devono presentare ogni anno all'Agenzia delle entrate. Adesso, però, potranno diventare molto più invasivi. "Addirittura si paventa, ed è inquietante, un sistema di accertamento dei redditi sulla persona: questo accertamento, di norma, è svolto da un funzionario, quindi una persona fisica. Si paventa, invece, che quest’attività possa essere svolta in forma automatizzata: attraverso un algoritmo e l’input dei dati della fatturazione elettronica, il Fisco sarebbe in grado di far uscire un avviso di accertamento, o comunque una contestazione automatizzata, da cui scaturisce tutto il problema giurisprudenziale a cui il Consiglio di Stato con la sentenza 881 del 2020 ha messo subito un freno”, ci dice l'avvocato Leonardi.

La sentenza (consultabile a questo link) afferma che il Fisco è libero di utilizzare questa procedura automatizzata ma è necessario argomentare l’algoritmo ed i criteri utilizzati perché, ovviamente, un avviso di accertamento deve essere motivato, non può esserci un’attività artificiale-elettronica e basta. “Deve esserci un algoritmo pensante che determina una possibile contestazione - aggiunge Leonardi - di fatto l’algoritmo deve essere conoscibile da chiunque: un avvocato, in particolare, o un commercialista che poi dovranno impugnare, eventualmente, il provvedimento”. Il motivo è presto detto: il criterio deve essere inattaccabile da parte dell’Agenzia della Entrate altrimenti l’atto diventa potenzialmente nullo a causa dei requisiti che deve avere, per forza, un avviso di accertamento fiscale che abbia una motivazione logico-giuridica per le eventuali inesattezze che ha compiuto il singolo contribuente.

Cos'è il machine learning

Come detto, l'intellingenza artificiale è un settore della tecnologia che raccoglie tante innovazioni: tra queste c'è il machine learning, lo studio di algoritmi informatici che costruiscono un modello basato su dati campione noti come "dati di addestramento", al fine di effettuare previsioni o decisioni senza essere esplicitamente programmati per farlo. “In pratica ci sarebbe la sostituzione della macchina fiscale con l’introduzione di questo utilizzo automatizzato: verrebbe meno, di fatto, l’attività manuale e fisica di un funzionario, quindi anche una possibile contrazione dell’impiego di alcuni dipendenti dell’Agenzia delle Entrate. Se effettivamente venissero utilizzati questi strumenti, ci sarebbe un surplus di personale fisico impressionante. È chiaro che sarebbe un cambiamento epocale, credo però che sia ancora troppo prematuro. Qui si tratta di contestazioni fiscali: un conto è quello che già adesso, un conto quest’altra tecnologia”, sottolinea Leonardi.

"Tutto questo è molto pericoloso"

È vero, ma l’Agenzia delle Entrate sta assumendo oltre 4mila risorse specializzate nell’analisi e raccolta dei dati con software ad hoc. Quindi, la digitalizzazione si sta traducendo in nuove assunzioni che controlleranno ciò che “combineranno” gli algoritmi. “Certo, il paradosso è che non si assumeranno più fiscalisti ma ingegneri elettronici, cambierà completamente il modo di operare ma è molto pericoloso, è un’arma a doppio taglio. Va bene la tecnologia ma qui stiamo parlando di legge, è una cosa seria, un atto amministrativo è una cosa seria: qui si tratta di ragionamenti logico-giuridici che una macchina artificiale non potrà mai fare”. L’avvocato ci spiega che se dovesse impugnare un provvedimento di questo tipo con un minimo profilo di illegittimità andrebbe impugnato tout-court, in toto, perché “non si può sostituire in alcun modo quella che è un’argomentazione logico-giuridica utilizzata da un funzionario con quella di una macchina. Magari si farà fra 20-30 anni ma dovrà essere qualcosa di molto graduale. Mi auguro sia così altrimenti si andrebbe a prendere una cantonata, si immagini le inesattezze ed il disagio che potrebbe creare al contribuente che si vedrebbe contestate delle cose completamente fuori logica magari perché la macchina artificiale non è ben parametrata con algoritmi concreti”. Insomma, è affascinante ma molto pericoloso, è uno strumento che andrà tarato e settato a dovere.

Il machine learning è un nome nato adesso, è un linguaggio di programmazione che viene utilizzato attraverso questi algoritmi di tipo statistico: la macchina viene programmata con una serie di input che innestano dei controlli che vengono attuati quando un determinato parametro statistico viene superato”, specifica Leonardi che fa l’esempio di un contribuente a partita Iva che ha un fatturato di 30mila euro l’anno ma ha una barca intestata a Montecarlo assieme ad altri beni. Tutto ciò verrebbe intercettato immediatamente ma è quello che c’è anche adesso con lo spesometro: chi ha una capacità di reddito per 30mila euro ma possiede beni per 200mila euro, ha qualcosa che non torna. A quel punto scaturisce l’avviso di accertamento che, in futuro, sarà automatizzato ed è proprio lì il problema, dovrà esserlo a prova di bomba, non dovranno esserci errori perché allo stato attuale ogni atto viene redatto da un funzionario.

Il Fisco non si ferma: cos'è il text mining

Ma non è ancora finita qui: un'altra arma a disposizione del Fisco è il text mining, noto anche come text data mining, simile all'analisi del testo , è il processo di derivazione di informazioni di alta qualità dal testo. Implica "la scoperta da parte del computer di nuove informazioni precedentemente sconosciute, estraendo automaticamente informazioni da diverse risorse scritte”. “È la famosa intercettazione del contribuente attraverso il social network, quindi attraverso qualsiasi informazione esterna dalla quale si può risalire ad alcune informazioni - ci dice il commercialista - Quest’attività viene già svolta in Francia e riporto il famoso esempio della barca: se il contribuente che ha 30mila euro di reddito va in giro a Montecarlo con la barca, viene intercettato anche tramite i social”.

Cosa cambia per i forfettari

Già adesso, però, l’Agenzia delle Entrate ha una valanga di dati disponibili: come abbiamo detto recentemente (qui il nostro approfondimento), la fatturazione elettronica diventerà obbligatoria anche per certi regimi fiscali che prima non la prevedevano come il forfettario, così saranno mappatili più operazioni. "Adesso è attiva solo per i titolari di partita Iva. In questo modo ci saranno più controlli con dati che sono già in possesso dell’Agenzia”, sottolinea Leonardi.

Quali sono i rischi

A questo punto, quali sono i rischi che corre il singolo cittadino italiano con tutta quest'opera di ingegneria che sta mettendo in piedi il Fisco? Un aspetto positivo c'è ma attenzione a non strafare. “La fatturazione elettronica è stata positiva, andiamo in questa direzione ed è questo l’aspetto positivo: consentire a cittadini e professionisti di avere a disposizione una banca dati anche per fare una dichiarazione dei redditi da sè, su questo si deve andare". Dall'altro lato, il rischio è quello di implementare attività di accertamento automatizzate. "A quel punto andremmo incontro a spiacevoli sorprese: sostituire la mente umana con la macchina, questo non credo che possa essere fatto”. Il rischio per il contribuente sarà quello di trovarsi una serie di contestazioni notificate dall’Agenzia delle Entrate anche solo per il fatto di essersi fatto prestare, legittimamente, denaro dalla propria famiglia per comprare una casa o fare un investimento.

"Se la tecnologia sostituisse l’uomo, si potrebbe essere attaccati su attività più che legittime, questo è il rischio concreto”, conclude Leonardi.

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