Le occasioni perse da Intesa e Generali

Le occasioni perse da Intesa e Generali

La scalata fantasma alle Generali è durata cinque settimane. Il tempo di immaginare un campione finanziario nazionale nato dalla somma della compagnia triestina con Intesa Sanpaolo. Non se ne farà niente. Ma il sapore che resta è quello di un'occasione perduta con un'operazione pasticciata.

L'occasione era quella di mettere al sicuro la maggiore realtà finanziaria italiana di respiro mondiale e di peso nazionale (con i suoi 450 miliardi di riserve gestite di cui 70 investiti in Btp) dalle mire di gruppi stranieri come Axa o Allianz. Quest'ultima, per esempio, qualche giorno fa ha comunicato di aver ridotto la posizione in bond italiani nel 2016 di 5,5 miliardi (-17%): ecco qual è il rischio. Ma Intesa poteva cogliere anche solide opportunità industriali: in uno scenario ormai apertamente inflattivo, le assicurazioni prenderanno prima o poi il volo e se oggi possono rappresentare una chance in termini di ricavi, margini e capacità di pagare futuri dividendi, domani potrebbe essere tardi. E questo vale anche per Generali, che, anzi, da ieri è più preda che mai.

Che poi l'operazione sia stata un pasticcio è evidente. Dal lato di Intesa pesa come un macigno la fuga di notizie, che sono bastate da sole a creare un gap di circa 7 miliardi: 6 ne ha persi la market cap di Intesa, uno lo ha guadagnato Trieste. Mentre dal lato Generali ha colpito la scomposta reazione di fronte a ipotesi che per di più arrivavano da Milano, non da Monaco o Parigi, e dall'istituto italiano più sano e prudente. Eppure a Trieste hanno pensato a una sola cosa: difendersi, come se la sola idea di un piano di Intesa significasse necessariamente peste e corna per il futuro del gruppo e dei suoi soci. Di qui la decisione di acquistare oltre il 3% di Intesa, investendo ben 1,1 miliardi utilizzando i soldi degli assicurati Vita (le azioni copriranno le riserve matematiche).

Dando dunque per scontato che ciò fosse nell'interesse dei clienti. E di tutti gli azionisti, evidentemente. Invece, almeno sulla carta, la manovra pare più mirata a proteggere assetti di controllo e management che da questi dipende. Ma con i soldi degli altri.

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