Economia

Offerta Intesa-Ubi: decidono i piccoli

Gli oltre 100mila soci retail valgono il 30%. Titoli a premio, ma un rilancio è difficile

Offerta Intesa-Ubi: decidono i piccoli

Marcello Zacché

Lo 0,17% del capitale non è granché. Ma per essere stato il primo giorno dell'offerta lanciata da Intesa, indica che alcuni piccoli azionisti di Ubi non intendono aspettare ulteriori sviluppi e già ieri hanno consegnato i loro titoli (per circa 6 milioni di euro) nella speranza di ricevere 17 azioni Intesa ogni 10 di Ubi. Ai prezzi di ieri le azioni Ubi trattano a premio: nel concambio le azioni Intesa valgono il 4,5% in meno. In teoria non conveniva consegnarle. Forse il mercato si aspetta un rilancio di Intesa, che però l'ad Carlo Messina ha sempre escluso.

Per avere un quadro di come andrà l'offerta bisognerà attendere, come sempre, gli ultimi giorni, a ridosso del 28 luglio, salvo proroghe. Anche le grandi Fondazioni azioniste di Ubi, Monte Lombardia e Cuneo, che partecipano al patto Car, si esprimeranno entro il termine dell'offerta. Però, da qualche giorno, prima con le dimissioni di Mario Cera dal vertice del Car, poi con l'apertura del Monte (4,9% di azioni Ubi) all'Ops, il fronte del no sembra scricchiolare. Tanto che ieri circolava l'indiscrezione che anche Giandomenico Genta, leader dell'ente piemontese (5,95) starebbe seriamente considerando l'ipotesi di diventare un azionista della banca di Messina.

In casa Intesa i conti dell'Ops, che per essere efficace dovrà raccogliere almeno il 50% delle azioni, sono presto fatti: il Car e gli altri due patti di soci Ubi, arrivano quasi al 30% del capitale; il blocco dei soci istituzionali sfiora il 40%; il restante 30% sono azionisti retail, oltre 100mila posizioni. Tutti i tre gruppi sono importanti per il successo o il fallimento dell'operazione, ma è difficile capire su quali basi verranno prese le decisioni. Se prevarranno questioni legate al territorio o valutazioni di mercato. In questo caso, secondo gli analisti, non ci sono molto dubbi: l'offerta di Intesa è una di quelle che non può essere rifiutata. Una conclusione basata in sintesi sulla convinzione che Intesa possa generare più valore rispetto ad altre ipotesi che, tra l'altro, per ora non sono sul tavolo.

All'interno dei fondi resta però misterioso l'obiettivo di Parvus, con l'8% circa, che rappresenta diversi singoli investitori. Senza Parvus e con i pattisti - per ipotesi - divisi, a Intesa verrebbe a mancare già in partenza una quota del 20-25% del capitale.

Diventerà perciò decisivo il ruolo del retail: quei più di 100mila piccoli azionisti che per aderire devono contattare il loro intermediario a accettare l'offerta. E qui le modalità variano da banca a banca: gli istituti che operano esclusivamente via web permettono di fare tutto da remoto. Mentre alcune banche, come per esempio la stessa Ubi, non consentono ai clienti «tradizionali» di aderire attraverso le app o il conto on line: per l'Ops devono recarsi fisicamente nelle filiali.

In ogni caso il comportamento dell'azionariato retail sarà il più difficile da prevedere.

Eppure saranno loro che alla fine faranno la differenza.

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