«Deflazione»: la parola finora impronunciabile è stata pronunciata. Sta lì, nelle minute dell'ultima riunione della Bce, quella dello scorso 22 ottobre in trasferta a Cipro. Nel corso del consiglio direttivo, viene spiegato nei verbali, «è stato fatto riferimento anche a uno scenario deflazionistico potenziale, che non può essere completamente escluso». Finora l'Eurotower aveva sempre fatto riferimento ai rischi derivanti da un'inflazione bassa, distante dal target del 2%, e mai preso in considerazione l'ipotesi più avversa. Difficile, peraltro, che Mario Draghi abbia cambiato idea dopo la timida risalita dei prezzi in ottobre (+0,1% in ottobre dopo il -0,2% di settembre), visto che rimane fiacca la ripresa dell'inflazione core (quella al netto di alimentari ed energia).La strada sembra dunque tracciata: un ampliamento in dicembre del piano di acquisto di titoli, sia in termini quantitativi (ora è pari a 60 miliardi al mese), sia temporali (scadenza nel settembre 2016). La Bce è in grado ed è pronta ad agire rispondendo «vigorosamente», ha detto ieri il capoeconomista dell'istituto di Francoforte, Peter Praet. Anche agendo sui tassi d'interesse: «Non ci sono limiti che ci paralizzano». Se il mese prossimo l'Eurotower varerà la versione extra-strong del Qe e la Federal Reserve deciderà di alzare i tassi, verrà ufficialmente sancita la divaricazione delle politiche monetarie di Europa e Stati Uniti.
La Fed sembra ormai pronta a rompere gli indugi, nonostante gli attacchi terroristici («L'outlook per la crescita degli Stati Uniti non cambia», ha detto Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland), ma nessuno può escludere una sorpresa all'ultimo momento.RPar- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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