Sull'Unione bancaria «purtroppo si è dovuta registrare una situazione di stallo» tra chi, come l'Italia, vuole procedere con la condivisione del rischio e chi invece ritiene «che si debba continuare a ridurre il rischio perché ritengono che non sia stato fatto abbastanza».
Ma il nostro Paese «respinge questa ipotesi, perché la riduzione del rischio è stata molta». L'allarme è stato lanciato ieri dal ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, al termine dell'Ecofin senza fare i nomi di chi si oppone alla nascita di un sistema unico di garanzia dei depositi bancari e di un salvagente di ultima istanza per il Fondo di risoluzione delle banche (dovrebbe essere l'attuale fondo salva-stati Europzan Stability Mechanism).
Padoan ha solo aggiunto che il gruppo di Paesi che spinge in direzione di un rapido completamento dell'unione monetaria «non è una minoranza». Di certo, il primo degli oppositori è la Germania: «Il fatto che il nuovo governo tedesco non sia ancora formato non cambia la situazione, semmai il contrario, e vi assicuro che è estremamente efficace», ha detto il ministro.
La sorte dell'assicurazione comune sui depositi (Edis), è l'ultimo pilastro dell'Unione bancaria che i tedeschi non intendono completare prima di aver visto una sufficiente riduzione dei rischi bancari, come sono ad esempio i crediti deteriorati. Su questo fronte, il più delicato, il 13 marzo la Commissione Ue e il 14 marzo la Bce usciranno con nuove proposte e decisioni sulle banche e il modo di gestire e ridurre i crediti in sofferenza.
La Commissione dovrebbe proporre che per legge sul cosiddetto «Pilastro 1» (il capitale regolamentare di base delle banche) le banche mettano da parte molto più capitale in caso di eventuali problemi nel rimborso dei nuovi crediti che verranno concessi dal 2018 in avanti. La Bce, invece, indicherà per il «Pilastro 2» (il patrimonio in più chiesto dai regolatori a ciascuna banca) che gli accantonamenti debbano essere molto più alti a fronte di ritardi registrati dal primo aprile in poi nei rimborsi dei crediti già concessi in passato.
Il famigerato addendum firmato dal capo della Vigilanza di Francoforte, Daniele Nouy, corretto - si vedrà quanto, e come, dal primo aprile - potrebbe mettere quindi sotto pressione i cuscinetti di capitale dei singoli istituti. Anche se dopo i lievi aumenti registrati nei tre mesi precedenti, nell'ultimo mese del 2017 le sofferenze nette delle banche italiane sono scese a 64,4 miliardi, contro i 65,9 miliardi di novembre in base ai dati forniti ieri dall'Abi. I metodi della Nouy non piacciono agli italiani ma nemmeno ai francesi. A dicembre l'ad del Credit Agricole, Philippe Brassac, aveva appoggiato la linea del Parlamento europeo che era sceso in pressing sulla stretta annunciata inizialmente dalla Vigilanza per il primo gennaio, «per il semplice motivo che siamo in democrazia» ed è «molto sano che i decisori politici dicano se una regola va bene».
Ieri, intanto, Padoan è anche tornato sulla nomina di Luis De Guindos come vicepresidente della Bce: «L'Italia ha condiviso con gli altri paesi il sostegno a de Guindos per la vicepresidenza della Bce, se questa scelta sarà un attacco all'indipendenza della banca centrale lo vedremo nei fatti e in ogni caso il ministro spagnolo ha tutti i requisiti per poter essere membro del board Bce»,
ha detto ieri.Respingendo, dunque, l'idea che la scelta di De Guindos sia un passo verso la «germanizzazione» della banca centrale europea con la presidenza Weidmann al posto di Mario Draghi, il cui mandato scadrà a fine 2019.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.