Parte la vendita di Alitalia Ecco la «pista» cinese

Manifestazioni di interesse entro il 5 giugno Tra i papabili i Cic, Gingko e Hainan Airlines

Sofia Fraschini

Decolla il bando per la vendita-salvataggio di Alitalia. Ieri, in serata, il governo ha dato il via libera alla pubblicazione delle regole «ad ampio spettro» a cui, i possibili pretendenti, dovranno far riferimento per manifestare il proprio interesse. Un bando con tempi molto stretti: il limite è il 5 giugno per avviare l'iter che porterà ad avere le offerte vincolanti per ottobre. Aperto a singoli o cordate, invita a indicare la soluzione scelta per risolvere la crisi: ristrutturazione, acquisto dell'azienda in blocco o acquisto dei beni e contratti (il cosiddetto «spezzatino»). L'orizzonte di tempo per inviare le manifestazioni di interesse è di circa tre settimane, con termine al 5 giugno. In tempo per poter aprire verso metà giugno la «data room», dove gli interessati potranno visionare le carte e i dati riservati riguardanti l'azienda.

L'obiettivo dei commissari è di avere le offerte non vincolanti a fine luglio, per poi valutare un'eventuale gara per arrivare alle offerte vincolanti a ottobre. Messe le carte in tavola chi sono a questo punto i potenziali acquirenti? Dopo la fuga dei big player dell'industria italiana, che uno a uno si sono chiamati fuori da un possibile coinvolgimento, martedì il premier Paolo Gentiloni ha rivelato esserci un concreto interesse da parte di «fondi di investimento strategici cinesi».

Il premier non ha fatto nomi. Tuttavia, non è difficile circoscrivere l'identikit dei potenziali cavalieri bianchi. Se si trattasse di un fondo tout court i più probabili, perché già molto attivi sulla scena italiana, sarebbero il Cic, China Investment Corporation, il primo fondo sovrano cinese e secondo mondiale per dimensioni dopo quello norvegese o il Gingko Tree, secondo fondo sovrano cinese che, già qualche anno fa, si era interessato al settore ed era arrivato molto vicino a rilevare una quota del 30% degli Aeroporti di Roma. Se l'attenzione per Alitalia arrivasse invece da un operatore del settore, magari affiancato da uno di questi fondi, tra i primi indiziati risultano le compagnie aeree che operano già su Roma Fiumicino: Air China, China Eastern e la Hainan Airlines. Quest'ultima secondo alcune indiscrezioni si sarebbe già mossa, tramite il proprio socio George Soros, che avrebbe incontrato il premier Paolo Gentioni a Palazzo Chigi.

Una soluzione «asiatica» però dovrebbe necessariamente passare per una modifica della norma europea che impone ai soggetti extra Ue di non poter andare oltre una partecipazione azionaria del 49% nelle compagnie aeree del Vecchio Continente (norma che nel 2014 aveva fermato Etihad sotto il 50%). Il governo ha detto che con Bruxelles sono in corso trattative avanzate per andare oltre.

«Tuttavia commenta Andrea Giuricin, docente di Economia dei Trasporti all'Università Bicocca sembra abbastanza ingenuo pensare che si possano fare questi cambiamenti velocemente. L'opposizione di Air France e Lufthansa non sarà facile da combattere, nonostante da anni la stessa Commissione europea si sia espressa a favore del superamento del limite».

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