Marcello Zacché
La nuova Pirelli vale tra 6,3 e 8,3 miliardi. Questa è la forchetta di capitalizzazione stimata che sta alla base dell'offerta, fino al 40% del capitale, per il ritorno in Piazza Affari. Previsto a partire dal 4 ottobre. Le azioni saranno vendute a un prezzo che verrà determinato dopo l'offerta - salvo imprevisti inizierà martedì prossimo e durerà fino a venerdì 28 - compreso tra 6,3 e 8,3 euro. Per partecipare, i piccoli risparmiatori devono mettere sul piatto tra 3.150 e 4.150 euro, corrispondenti al lotto minimo di 500 azioni. Il lotto maggiorato sarà invece di 5mila pezzi.
Si era parlato di un valore anche più alto del gruppo, fino a 10 miliardi, stimati da qualche analista e basati sull'equivalenza con multipli di società come la Ferrari o addirittura del settore lusso. Pirelli comunque produce pneumatici, ancorché di alta gamma e tecnologia. Quindi la forchetta uscita ieri ne rispecchia probabilmente meglio l'anima industriale. Anche se uno «sconto» finale, da ipotizzare quando sapremo il prezzo a cui verranno vendute le azioni, aiuterà senz'altro la buona riuscita di una grande operazione di mercato: la più grande d'Europa per quest'anno.
Di sicuro si tratta di un bel colpo per gli azionisti che due anni fa hanno lanciato l'Opa sulla Pirelli di allora, ritirandola dal mercato: i cinesi di ChemChina, gli italiani guidati dall'ad Marco Tronchetti Provera (con le banche Intesa e Unicredit) e i russi di Rosneft. L'Opa è costata 7,2 miliardi nel 2015. A questi vanno aggiunti 1,2 miliardi di aumento di capitale effettuato nel frattempo. Ora questo stesso valore corrisponde alla parte alta della forchetta per i soli pneumatici, mentre fuori dal perimetro c'è l'intera area delle gomme industriali, confluita in una nuova società (Prometeus). Quindi, collocandone sul mercato il 40%, cinesi, russi e italiani rientreranno subito di una cifra compresa tra 2,5 e 3,3 miliardi, mantenendo poi il controllo del gruppo.
Tecnicamente, a vendere le azioni sarà la società Marco Polo. La quale sarà poi successivamente scissa a favore dei suoi tre «macro» soci, che diventeranno azionisti diretti della Pirelli incassando nello stesso tempo il ricavato dalla quotazione. Ipotizzando la vendita di tutto il 40% del capitale, l'azionariato post Ipo vedrà i cinesi scendere dal 65 al 45%; i russi dal 12,6 al 5%, Camfin dal 22,4 al 10%. Per cinesi e italiani ci sarà poi un lock up di un anno, mentre per i russi durerà 6 mesi. In ogni caso va ricordato che la governance studiata da Tronchetti prevede la gestione sia ordinaria sia straordinaria saldamente in mani italiane. Così come rimane e rimarrà italiana la sede del gruppo. E la scelta di Piazza Affari come Borsa per la quotazione non ha che rafforzato questa impostazione.
Per quanto riguarda il 40% capitale destinato all'offerta finale, il 35% è la quota base, dentro alla quale il 3,5% è destinato come minimo al pubblico retail (che potrebbe avere qualcosa di più in fase di assegnazione) e la parte restante agli investitori istituzionali. Ma questi potranno arrotondare con il 5% aggiuntivo della cosiddetta greenshoe.
Niente male, infine, il bonus di fidelizzazione previsto per i top manager: 26 dirigenti del gruppo (la prima linea e i responsabili Paese) avranno diritto a spartirsi (in proporzione alla loro attuale remunerazione) il 2% (il range della pratice internazionale è tra l'1 e il 3%) dell'equity dell'operazione, al netto dell'aumento di capitale e degli oneri sostenuti. Si tratta quindi di un valore stimato tra i 70 e i 100 milioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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