Economia

Popolari, Cattolica al centro dei giochi

La compagnia veronese è l'unica coop finanziaria non toccata dalla riforma Renzi e ha 2 miliardi di riserve

Sono entrate nel vivo le grandi manovre dei dogi della finanza veneta che devono fare i conti con la riforma delle Popolari, e dunque con la trasformazione in spa, decisa dal governo Renzi in vista del nuovo risiko teso al consolidamento del settore invocato dalla Bce. La rivoluzione a Nordest investirà il feudo vicentino della Pop Vicenza, sorvegliata speciale della Bce e avviata verso la quotazione in Borsa nel 2016, e quello veronese del Banco Popolare (che oggi in cda indicherà i suoi advisor), passando per Montebelluna (altra sorvegliata con attenzione dalla Bce) dove ha sede Veneto Banca. Chi scommetterà sulla nuova veste delle banche venete partecipando anche, da azionista, al prossimo valzer di acquisizioni?

Sullo sfondo si muove la Fondazione Cariverona di Paolo Biasi la cui potenza di fuoco sul fronte degli investimenti futuri sfiorerà il miliardo (cifra ottenuta sommando i 250 milioni di liquidità già in cassa con i circa 400 milioni che potrebbe incassare dall'alleggerimento in Unicredit imposto dall'autoriforma delle fondazioni più altre eventuali dismissioni), mentre le Generali sono concentrate sul business internazionale e al momento restano a bordo pista. Sullo scacchiere potrebbe invece muoversi un'altra compagnia assicurativa su cui vanno tenuti i riflettori accesi, cioè la Cattolica, che ha chiuso il 2014 con 107 milioni di utile, ha distribuito ai soci 35 centesimi di dividendo e può contare su circa due miliardi di riserve tecniche. Ma soprattutto è l'unica cooperativa assicurativa quotata a Piazza Affari. Nella furia rottamatrice di inizio anno a Palazzo Chigi si sono infatti dimenticati della compagnia veronese. Risolto il problema del voto capitario a valle con la riforma delle banche popolari, il governo potrebbe presto ritrovarselo a monte con la presenza di una mutua nel salotto buono dei soci. La Cattolica, infatti, non solo ha le casse piene, ma è anche legata fino al 2022 da un rapporto di partnership strategica e industriale con la Popolare di Vicenza: l'istituto di Gianni Zonin è socio di maggioranza dei veronesi con il 15% (su cui ha una minusvalenza stimata sui 250 milioni, avendo i titoli a un prezzo di carico medio intorno ai 17 euro) e Cattolica a sua volta ha investito 50 milioni nella Vicenza di cui è azionista con lo 0,9% (partecipazione cui aggiunge in portafoglio lo 0,2% in Veneto Banca e lo 0,5% di Ubi). Non solo. Il presidente Paolo Bedoni ha già lasciato intendere nei mesi scorsi di voler partecipare al risiko delle Popolari in veste di polo aggregante strizzando l'occhio proprio all'«amica» vicentina che peraltro starebbe per mettere in cantiere un aumento di capitale di 1,5 miliardi (oggi è in calendario il comitato esecutivo dove sarà fornito un aggiornamento sul rafforzamento patrimoniale).

Secondo alcuni analisti l'operazione potrebbe avvenire a sconto, con un'offerta anche tra 10 e 15 euro, quindi assai interessante per chi come Cattolica ha munizioni da spendere. Non sembra dunque un caso che sulla compagnia scaligera abbia scommesso Palladio Finanziaria rilevando il 2,044% con un esborso di 24 milioni. Proprio mentre sta sciogliendo lo storico legame con le Generali (di cui ormai ha meno del 2%) perché l'investimento non risponde più alle logiche di business che l'avevano sostenuto. Molto più attraente puntare sulla cooperativa Cattolica.

Per il governo è un'anomalia da sanare, in quanto destinata a rimanere nei prossimi mesi l'unica società finanziaria quotata in Borsa a mantenere il voto capitario. Per il mercato ha quindi un atout in più se un giorno dovesse trasformarsi in spa. E anche prima, se dovesse diventare un azionista importante della «nuova» Vicenza aperta al mercato ma controllata da una cooperativa.

Alla faccia della riforma Renzi.

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