Il gip fa lo sconto agli ex vertici della Popolare di Vicenza. Il tribunale ha infatti deciso di restituire 1,4 degli 1,75 milioni di euro che a metà gennaio erano stati sequestrati all'ex presidente, Gianni Zonin, e altri quattro imputati per il crac dell'istituto berico. Lo stesso Tribunale, su richiesta della Procura, aveva messo i sigilli a beni e conti degli imputati per 346mila euro a testa, per evitare si disperdessero o mancassero le garanzie sul pagamento delle spese giudiziarie, della pena pecuniaria, e altre somme dovute all'erario.
Il blitz di gennaio era scattato anche per mettere al sicuro il patrimonio - soldi, immobili, auto, moto, terreni e partecipazioni societarie - ed evitare che potesse essere «disperso» da qui all'eventuale condanna. Gli investigatori delle Fiamme Gialle avevano infatti riscontrato «azioni di trasferimento e dismissione, da parte degli imputati, di proprie disponibilità patrimoniali», rendendo quindi necessari i sequestri.
Ora però lo stesso giudice, Roberto Venditti, ha accolto le richieste di riduzione avanzate dai legali di due degli imputati (l'ex presidente di Confindustria Vicenza, Giuseppe Zigliotto, e del dirigente Massimiliano Pellegrini), stabilendo che è sufficiente un quinto di quella somma - ovvero 346 mila euro - e liberando la parte eccedente pari appunto a 1,4 milioni. Secondo il gip, il sequestro sarebbe stato eccessivo rispetto alle spese processuali: per Zonin e gli altri quattro ex vertici dell'istituto rimarranno quindi i sigilli su beni per poco meno di 50mila euro a testa.
Zonin ha già ricevuto una multa della Consob da 370mila euro per illeciti nella vendita di azioni alla clientela, negli anni d'oro in cui la Popolare quotava il titolo 62,50 euro. Un valore polverizzato quando il meccanismo delle operazioni «baciate» è venuto alla luce. Lo scorso 22 gennaio la banca in liquidazione coatta amministrativa ha fatto partire le prime azioni revocatorie verso Zonin, gli ex consiglieri Maria Carla Macola e Giuseppe Zigliotto. L'obiettivo è quello di ricostituire l'integrità del patrimonio degli ex vertici, così da permettere alla liquidazione in caso di vittoria nelle azioni di responsabilità e risarcitorie da parte dei piccoli azionisti rimasti travolti dal crac, di veder soddisfatte almeno in parte le proprie pretese.
I commissari hanno chiesto la revoca di due patti di famiglia con cui Zonin ha ceduto ai figli Domenico, Francesco e Michele la piena proprietà del 26,9% e i diritti di usufrutto sul 23% della Gianni Zonin Vineyards di Giovanni Zonin&C e il 38,5% della Zonin Giovanni, holding dell'impero vitivinicolo dell'ex banchiere.Quest'ultimo oggi risulta proprietario solo di un «piccolo» terreno nella sua Gambellara e di un immobile di «modesta estensione» in Toscana. Oltre a 51.920 azioni della vecchia Popolare, praticamente prive di valore.
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