Un miliardo tondo tondo. Anzi, per essere precisi, 1.005 milioni. È l'utile netto di Poste italiane - dato diffuso ieri insieme agli altri numeri del bilancio 2013 - lievemente più basso del 2012 (1.032), ma pur sempre di grande soddisfazione per l'azionista unico ministero del Tesoro, che è già pronto per passare all'incasso. Quel lieve dislivello risente dell'investimento di 75 milioni per il 19% di Alitalia; senza quell'impegno, sarebbe stato un nuovo record. In ogni caso, il gruppo resta il primo per redditività tra gli operatori postali mondiali, prima di Giappone, Australia, Germania e Regno Unito. Artefice di questo successo è Massimo Sarmi, ad dell'azienda dal 2002; nel 2003 l'utile fu di 90 milioni, su un fatturato di 13,3 miliardi; oggi è di 1.005 milioni, su 26,2 miliardi di ricavi. I numeri, niente da dire, parlano da soli.
Sarmi getta sul piatto tutto questo alla viglia della scadenza (in maggio) del suo quarto mandato, e la domanda che tutti si pongono è molto semplice: sarà confermato, come lui stesso non disdegnerebbe, oppure sarà «rottamato», travolto dai nuovi venti della politica? Un bel quesito. Sarmi - che guadagna 1,550 milioni all'anno, il doppio di Mauro Moretti (Fs), ma che, a differenza di questi, ha avuto l'accortezza di stare zitto - si dimostra un capo azienda capace e vanta il credito di aver aiutato il governo a risolvere il problema Alitalia in un momento rovente. A suo favore gioca anche la quotazione in Borsa, non ancora calendarizzata ma ipotizzabile probabilmente in autunno: sarebbe prudente cambiare il manovratore in un momento così delicato? Un'operazione dalla quale il Tesoro ricaverà la bellezza di 5 miliardi: la continuità del management è un valore, interromperla sarebbe difficile da far capire al mercato. Ma i conti si fanno con la realtà, e la centrifuga-Renzi può avere qualche difficoltà a fare eccezioni. Si vedrà.
Uno dei meriti di Sarmi è stato pilotare l'azienda nel dopo-corrispondenza, cioè nella crisi dei servizi postali tradizionali. Ciò senza tagliare un posto, sebbene Poste italiane sia il primo datore di lavoro nel Paese, 145mila dipendenti; 33mila portalettere riconvertiti in portatori di servizi a domicilio.
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