Poste versa 278 milioni al suo futuro padrone Cdp

La società compra il 15% di Sia dalla Cassa, che sta per rilevare il 35% delle stesse Poste. Altri soci all'asciutto

di Marcello Zacché

Il governo ha appena partorito un'altra delle sue operazioni finanziarie aventi per oggetto società quotate in Borsa - in questo case le Poste - e per protagonista la Cassa Depositi e Prestiti, controllata all'80% dal Mef (il Tesoro). Che, peraltro, controlla (con il 64,7%) anche le Poste.

Ebbene (con l'aggravante, per una società quotata, di un meccanismo opaco e asimmetrico di comunicazione al mercato) si è ieri appreso che Poste Italiane pagherà 278 milioni per rilevare dal gruppo Cdp una quota equivalente al 14,85% di Sia, società specializzata nelle transazioni elettroniche. Per Sia e per il suo ad Massimo Arrighetti (che proprio quando lavorava alle PT, a fine anni 90, aveva creato il Banco Poste) è stata un'ottima notizia, visto che la transazione valuta Sia ben 2 miliardi contro una valutazione che, meno di tre anni fa, era stata nell'ordine dei 650 milioni. Buona notizia anche per la Cdp, dunque, che porta a casa l'intero investimento iniziale (effettuato a suo tempo da Fsi oggi Cdp Equity), restando però ancora azionista di Sia per circa il 35%. E per Poste che notizia è? Qui sta il punto.

La società guidata da Francesco Caio ha fatto sapere che l'operazione serve ad «aprire le porte per lo sviluppo internazionale, ad esempio di Poste Pay. E a garantire un ruolo nello sviluppo tecnologico della pubblica amministrazione». Ragioni industriali, dunque. Quando però non è chiaro come queste possano essere realizzate attraverso un'acquisizione: Sia è un fornitore di servizi che opera in regime di concorrenza e non è detto che per crescere in un certo settore il cliente debba rilevarsi il suo fornitore. Semmai si potrebbero addurre ragioni finanziarie, perché Sia fattura 450 milioni producendone circa 125 di ebitda, senza avere debiti. Ma questo non ha nulla a che vedere con logiche industriali.

Quello che appare chiaro è piuttosto il giro all'interno delle logiche finanziarie governative: dalle Poste, controllate dal Mef, escono 278 milioni verso un'altra società controllata dallo stesso Mef, la Cdp, a fronte di una quota di minoranza, molto ben valutata. E questo pochi mesi prima di una prossima operazione già annunciata, e cioè il passaggio del 35% del capitale delle stesse Poste proprio alla Cdp (mentre il restante 29 sarà ceduto sul mercato). Completa il quadro il fatto che Poste sia la società che colloca per conto della Cdp buoni e libretti per circa 330 miliardi l'anno.

In altri termini si può dire che Poste, ieri, abbia acquistato il 14,85% di Sia dal

suo primo azionista in pectore. O, vista in maniera un po' maliziosa, che gli abbia versato un dividendo straordinario. Ed esclusivo, perché destinato a questo solo socio, ancorché futuro. E speciale. Agli altri niente.

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