È una caduta senza rete quella dei prezzi del petrolio, collassati ieri a New York del 7,7% sotto i 51 dollari il barile (minimi da settembre 2017), mentre a Londra il greggio del Mare del Nord ha perso il 5,4% scendendo sotto quota 60 dollari. Claudio Descalzi, ad di Eni, non sembra però preoccupato e rigetta la tesi prevalente che riconduce il tonfo delle quotazioni a un surplus di domanda: «È una situazione di volatilità, non è un problema di domanda e offerta, ma una fase transitoria legata alla situazione geopolitica: non ci troviamo in una situazione in cui non ci sono progetti o in cui c'è una mancanza di offerta».
Dall'inizio di ottobre, la caduta del barile resta però rovinosa: dai circa 76 dollari di allora, la perdita è stata superiore al 30%. Un crollo verticale, da molti imputato ai timori di crescita globale e, soprattutto, al più ridotto effetto delle sanzioni Usa all'Iran rispetto al milione di barili al giorno che dovevano essere sottratti al mercato Ma i prezzi in ginocchio non a tutti dispiacciono. Gradisce Donald Trump, fino a qualche settimana fa preoccupato per il possibile calo di consensi derivante dall'ascesa dei listini dei carburanti. Al punto da ringraziare pubblicamente l'Arabia Saudita, nonostante le recenti tensioni in seguito alla morte del giornalista Jamal Khashoggi, il cui delitto è stato da molti imputato al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman. Posto che il continuo aumento delle scorte a stelle e strisce è una formidabile arma di ricatto che la Casa Bianca può usare con Riad, è anche vero che Washington non può tirare troppo la corda visto che gli arabi intendono investire 450 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
I sauditi, per la verità, hanno cercato una decina di giorni fa di convincere i Paesi esterni all'Opec, Russia in testa, della necessità di un taglio collettivo della produzione superiore al milione di barili al giorno. Mosca ha però risposto picche, e la questione sembra rimandata al prossimo vertice dell'Opec Plus (la riunione allargata anche ai produttori esterni al Cartello), in calendario a Vienna il 6-7 dicembre prossimi. A possibili contenimenti dell'output guarda anche Descalzi: «Abbiamo una neutralità di cassa a 55 dollari, e noi lavoriamo con il Brent e non con il Wti.
Se verranno tagliati 1,5 o 2 milioni di barili, i prezzi andranno su in pochissimo tempo. Ma supponendo che non ci saranno grossi tagli, c'è bisogno di tempo. In questo periodo penso che si oscillerà tra 60 e 70 dollari al barile».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.