LItalia produrrà veicoli destinati al mercato Usa. E se loperazione export non riuscirà, a rimetterci saranno due impianti Fiat del Paese. La nuova svolta nella strategia industriale del Lingotto, annunciata da Sergio Marchionne, fa discutere.
A commentare il piano, insieme ai rischi palesati dallad, è Stefano Aversa (nella foto), presidente di AlixPartners, gruppo internazionale di consulenza aziendale.
LItalia, dunque, si trasforma in parte in «fabbrica cacciavite» degli Stati Uniti.
«Il mercato europeo occidentale sarà stabile per almeno 4-5 anni. La crescita, quindi, si avrà solo verso i mercati di esportazione come Russia, Brasile e Usa, che dopo la crisi stanno performando bene e rappresentano uno sboccho importante per i marchi premium».
Già, ma Marchionne ci manderà, oltre alla «baby» Maserati e in attesa che lAlfa Romeo sia pronta, le Jeep compatte pianificate a Mirafiori.
«In America le marche locali fanno grossi profitti con i pick-up e i Suv che, insieme ai modelli premium, rappresentano i comparti più importanti per profittabilità. Per i marchi di volume risulta fondamentale essere competitivi nei costi. Il cambio favorevole allEuropa e la nostra tradizione a realizzare modelli medio-piccoli, che le case Usa hanno iniziato a produrre solo di recente, sono asset importanti per lexport».
È fiducioso rispetto a questa nuova mission per lindustria italiana dellauto?
«Il percorso non è facile, e passa attraverso una forte competitività, a livello di costo e di prodotto, che richiede ingenti investimenti».
Cè chi indica negli impianti di Mirafiori (Jeep dal 2013), Grugliasco (Maserati «baby» dal 2013) e Cassino (ora produce lAlfa Giulietta, oltre a Fiat Bravo e Lancia Delta) gli anelli deboli. Marchionne potrebbe pensare di fare a meno di due tra questi siti.
«Un costruttore, quando parla di produzione, non ragiona sul singolo sito, ma si riferisce al sistema produttivo. E, in proposito, fa continue simulazioni pensando a nuove allocazioni allo scopo di ottimizzare i costi. È evidente che la saturazione attuale degli impianti in Italia è insostenibile dal punto di vista della competitività. Va aumentata con maggiori volumi attraverso nuovi prodotti e lexport, anche verso lEuropa dove la Fiat deve riprendersi le quote di mercato perse».
Irrisolto, ingegner Aversa, resta sempre il problema della sovraccapacità.
«Cè unextra-capacità di circa 3 milioni di unità. Il gap tra questo problema e il mercato devessere chiuso o almeno ridotto. Tra le cause bisogna annoverare anche lexploit dei produttori coreani che hanno sottratto quote di mercato ai costruttori del continente».
Opel e Psa Peugeot Citroën, intanto, hanno le gomme a terra. E si parla di chiusure in Germania e Francia.
«Dal Dopoguerra lEuropa, che non contempla come gli Usa il Chapter 11, ha assistito a pochissime chiusure. Credo, comunque, che prima o poi qualcosa in questa direzione accadrà anche in Francia e Germania, anche se con tempi e modi compatibili con la tradizione europea di maggiore protezione sociale».
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