Economia

Nuovo catasto alle porte? Chi rischia davvero: i calcoli

La riforma del catasto non avverrà prima del 2026 quando ci sarà una netta divisione tra valore tributario e di mercato. Non per questo, però, non mancheranno gli aumenti: ecco cosa cambia

Nuovo catasto alle porte? Chi rischia davvero: i calcoli

Fino al 1° gennaio 2026, ai fini del catasto, gli immobili avranno un doppio valore: uno tributario e un altro di mercato ma senza che quest'ultimo vada a impattare sul primo. È quanto prospettato dalla legge delega sulla revisione catastale: a breve, quindi, non cambierà nulla e "la mappatura degli immobili non ci serve per aumentare le tasse, ma per capire lo stato del patrimonio immobiliare", ha affermato il ministro dell'Economia, Daniele Franco.

Prezzo di mercato e valore catastale

L’idea che gli immobili abbiamo un valore differente per fini fiscali e per fini patrimoniali non è nuova e in vigore già dal 2006 nelle compravendite di case esenti da Iva. Per queste transazioni, infatti, esiste il meccanismo del "prezzo valore": "le parti dichiarano nel rogito il prezzo reale ma chi compra paga le imposte sul valore catastale", riporta il Corriere. Il motivo per cui 15 anni fa si decise di adottare questo sistema era per l'enorme differenza tra valori e catastali il pagamento dell'imposta di registro sul prezzo reale era molto più elevata tant'é che spesso si finiva per il pagamento in nero.

Riforma del catasto: gli aumenti

Se ci fosse un adeguamento all'attuale mercato immobiliare, gli aumenti sarebbero fortissimi: Milano subirebbe un aumento dell’Imu del 174%, Roma del 56%, Napoli del 108% e Torino del 46%. Aumenti ancora maggiori, fino al +299% a Milano se l’Imu fosse l’imposta di registro che grava sull’acquisto della prima casa. Qualsiasi città, da nord a sud, subirebbe aumenti: Bolzano +284,7%, Trento +227,7%, Palermo +117,5% per citare tre esempi. Come specifica il Corriere, però, il mancato adeguamento fino al 2026 non significa che non le imposte non aumenteranno: la legge delega prevede che l’Agenzia delle Entrate acqusisca strumenti per identificare tutti gli immobili non censiti e procedere al "corretto classamento" (aumentarne il valore) su quelli utilizzati in maniera differente da quanto previsto. In questo modo, poi, saranno scovati anche i terreni edificabili accatastati come agricoli e gli immobili abusivi.

Da questo punto di vista, infatti, il lavoro delle Entrate è enorme: almeno 1,2 milioni di case sono sconosciute al catasto e un rapporto dell’Istat ha messo in luce numeri allarmanti. Nel 2020, su 100 case nuove quelle abusive hanno rappresentato il 17,7% come media nazionale con una differenza abissale tra aree italiane: al Nord 6,1%, al Centro il 17,8% e al Sud il 45,6%.

Cosa accadrà dopo il 2026

Fra quattro anni, secondo le prime stime, "ogni contribuente potrà conoscere sia il valore fiscale sia quello patrimoniale della sua casa". Ciò significa il valore patrimoniale verrà poi adeguato alle condizioni di mercato, operazione che il Fisco riesce a portare avanti anche oggi dal momento che ogni sei mesi viene aggiornato l'Osservatorio del Mercato con le quotazioni aggiornate su tutte le tipologie immobiliari nei Comuni italiani.

Il problema che si porrà nel 2026, però, sarà quello di "incrociare" le quotazioni facendo in modo che ci sia una forbice mina e massima abbastanza ampia e l'identificazione generica delle tipologie di case (ottima, normale, scadente) con le caratteristiche del singolo immobile.

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