Attenti al portafoglio

La ferocia del Fisco sui mutui. Quando scatta la "stangata"

Per la Cassazione civile l’Agenzia delle entrate può far partire i controlli sulle rate del mutuo ritenute “sproporzionate” al proprio reddito

La ferocia del Fisco sui mutui. Quando scatta la "stangata"

Anche le rate del mutuo finiscono sotto la ‘lente di ingrandimento’ del fisco. A ribadirlo è la Cassazione civile - sezione tributaria - che, con l'ordinanza n.15896, conferma come l'Agenzia delle entrate possa far scattare l'accertamento fiscale nei confronti di chi paga una rata del mutuo ritenuta "sproporzionata" rispetto al proprio stipendio.

Il tema desterà più di qualche preoccupazione in coloro i quali hanno comprato casa con un mutuo facendo affidamento sull'aiuto della famiglia che dà una mano su tutte le altre spese che mensilmente vanno affrontate (bollette, trasporto pubblico, spese alimentari ecc.).

Il meccanismo è semplice: mettiamo il caso che Franco - 35 anni, un lavoro a tempo indeterminato con uno stipendio netto che si aggira sui 1300 euro - decida di comprare casa, a Roma, con un mutuo di 160mila euro da restituire in 25 anni con rate mensili per un importo di 650 euro. A Franco, mensilmente, una volta pagato il mutuo restano 650 euro con cui deve fare fronte ad altre spese come l'abbonamento mensile del Tpl, il condominio, le bollette, le rate il bollo e l’assicurazione dell'auto, la spesa al supermercato, la palestra, le uscite e via dicendo. A fine mese le spese sostenute da Franco, quanto meno sulla carta, superano lo stipendio dichiarato e ciò può fare partire i controlli dell’Agenzia delle entrate con la richiesta di accertamento del fisco e l'onere della prova per il del contribuente.

Nel caso di Franco le possibilità sono due:

  1. Franco può spendere più di quanto dichiara perché ha delle entrate a nero che evade al fisco;
  2. Franco può spendere più di quanto dichiara perché ha dei soldi da parte o qualcuno (tra cui convivente o genitori) con cui divide altre spese o che gli danno una 'mano'.

In entrambi i casi - agli antipodi tra loro - a Franco sarà richiesto di comprovare la provenienza delle risorse economiche aggiuntive di cui dispone con cui ha sostenuto le spese superiori al proprio stipendio.

Pertanto, anche le rate del mutuo possono innescare i controlli anti-evasione che, nella fattispecie specifica, rientrano tra i cosiddetti controlli "sintetici"; il fisco non è interessato a sapere cosa compri, ma quanto paghi perché se le uscite sono superiori alla capacità di spesa potrebbe essere indice di una disponibilità economica in "nero", cioè non dichiarata.

Il sistema messo a punto dall'Agenzia delle entrate per effettuare queste verifiche è il Redditometro, un algoritmo che incrocia la dichiarazione dei redditi del contribuente e la spesa annuale per il medesimo periodo di imposta e, se le spese effettuate (tra cui, ad esempio, il condominio, il bollo auto o l'assicurazione) sono superiori al 20% del reddito scatta il controllo e il cittadino viene convocato dall'ufficio delle imposte per fornire chiarimenti sul proprio tenore di vita.

Ed è su questo aspetto che la Cassazione civile ha fatto chiarezza con l'ordinanza n.15896. Il casus belli riguarda una ‘controversia’ tra un contribuente, la Commissione tributaria provinciale di Foggia, la Commissione tributaria regionale della Puglia e l'Agenzia delle entrate. Nello specifico, la Corte si è espressa sulla "legittimità degli avvisi di accertamento (...) emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di D.R. e con i quali era stato accertato sinteticamente, ai sensi dell’art. 38, quarto e sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il reddito, rispettivamente, per l’anno 2004 e 2005 in € 21.513,80 per ciascun anno". Alla luce di questi accertamenti, la "Commissione tributaria regionale ha considerato che l’eventuale utilizzo dell’immobile ritenuto indice di capacità di spesa del contribuente è irrilevante ai fini dell’accertamento sintetico del reddito".

Il contribuente aveva fatto ricorso in Cassazione la quale, però, ha ritenuto l’infondatezza di tale ricorso in quanto "a presunzione applicata al caso in esame è quella di cui ai commi quinto e sesto dell’art. 38 citato, secondo cui, qualora l’amministrazione determini in modo sintetico il reddito del contribuente questi ha l’onere di fornire la prova contraria; legittimamente, quindi, il giudice dell’appello afferma che, nella fattispecie in esame, si verte nel caso di presunzione legale relativa, per cui il contribuente avrebbe avuto l’onere di fornire la prova contraria che, a suo giudizio, non ha fornito".

Nel caso specifico la Cassazione ha ribadito, con l'ultima ordinanza che l'acquisto di un immobile e la relativa spesa sostenute mensilmente per il pagamento delle rate, sono bastevoli per far partire un accertamento da parte del fisco. Già qualche mese fa, sempre la Cassazione (con l’ordinanza n. 4661 del 21 febbraio 2020), sottolineava che "costituisce fatto notorio che le banche eroghino di norma, mutui per importi inferiori rispetto al valore effettivo dell’immobile da acquistare".

Di norma, difatti, come riportato in un altro articolo de IlGiornale.it, le banche, nell'erogare un mutuo, effettuano dei controlli sulla capacità di restituzione di quanto concesso al richiedente; di conseguenza, già in partenza, dovrebbe esserci un controllo. La banca, però, non è tenuta a verificare se e come, chi ha richiesto il mutuo, possa affrontare le altre spese da sostenere con la quota restante del reddito presentato; in taluni casi - ad esempio nel caso in cui vi sia un garante con un reddito elevato o comunque più alto rispetto a quello presentato dal richiedente - il direttore dell'istituto che eroga il mutuo potrebbe accordare una rata che, sulla carta, è alta rispetto alla capacità di spesa complessiva di chi ha comprato casa ma che, in realtà, è giustificabile dalla presenza di un garante che si trova in una condizione economica migliore.

Dove le verifiche della banca si fermano, arriva, invece, il Redditometro il quale, evidenziando il caso come anomali, fa partire il controllo dell'Agenzia delle entrate; a questo punto il contribuente a dover mettere insieme tutte le carte e i documenti per dimostrare di non essere evasore. Tra queste prove, ad esempio, potrebbe dover dimostrare che le spese siano sostenibili grazie alla "donazioni" dei familiari, ma queste donazioni devono essere tracciabili e quindi, nel caso in cui la rata sia stata pagata in contanti dal compagno o dalla compagna o da uno dei genitori (condizione diffusissima tra i giovani lavoratori dati gli stipendi bassi, la precarietà lavorativa, e i costi di vita elevatissimi), sarà davvero difficile fornire la prova che non ci sia evasione.

Nel caso in cui il contribuente non riesca a giustificare il tutto, il fisco eseguirà misure di tassazione del reddito ritenuto 'eccedente' o ad applicare le sanzioni previste per l'evasione fiscale. Esistono due tipi di donazione: quella diretta e quella indiretta:

  1. La prima prevede la presenza del notaio con il pagamento dell’imposta di registrazione dell’atto e del professionista;
  2. La donazione indiretta, invece, è finalizzata a un determinato acquisto in cui si prevede che qualcuno possa versare i soldi direttamente sul conto del venditore - specificando come motivazione - oppure versando i soldi sul conto del donatario affinché li possa utilizzare per pagare gli importi dovuti; questa forma di donazione indiretta non necessita del notaio ma nell'atto di acquisto deve essere indicata la provenienza del denaro perché, altrimenti, non si si potrà parlare di donazione indiretta e sarà necessario pagare le imposte dovute.
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