Quasi pronto il salvabanche-bis

Stretta finale su un nuovo fondo da 7 miliardi per sostenere la vendita delle sofferenze e le ricapitalizzazioni. La Borsa esulta

Quasi pronto il salvabanche-bis

Il piano salvabanche allo studio del governo e di Cdp, il secondo dopo quello varato a novembre sui quattro istituti a rischio bail in, ha subìto in queste ore una forte accelerazione. Almeno a giudicare dalle indiscrezioni arrivate dal fronte delle Fondazioni alla cui porta Palazzo Chigi è tornato a bussare per tessere l'ennesimo paracadute di sistema. Ovvero un sostegno alla cessione delle sofferenze e alle prossime ricapitalizzazioni degli istituti. L'Acri presieduta da Giuseppe Guzzetti avrebbe infatti inviato agli enti associati un invito a esaminare «con urgenza», e comunque entro i prossimi giorni, la possibilità di aderire all'operazione.

La strategia sarebbe quella di creare un fondo a controllo privato con una dotazione iniziale di 3 miliardi, che potrà salire in un secondo momento fino a 7. Le Fondazioni si faranno carico di una parte dell'operazione (si parla di 500 milioni), che vedrà inoltre il coinvolgimento della Cdp, di alcune delle principali banche italiane nonchè di altri intermediari finanziari. Come si eviterà di incappare nel cartellino rosso della Commissione Ue, sempre attenta a eventuali aiuti di Stato, non è ancora chiaro. Nè si conoscono i dettagli del progetto che dovrebbe riguardare l'alleggerimento dei cosiddetti Npl di bassa qualità che non possono rientrare nel piano «Gacs» del Tesoro. A che prezzo verranno messi in vendita? Chi lo determinerà? Quanto all'intervento delle fondazioni e delle big del credito chiamate al capezzale delle banche a corto di capitale, cosa riceveranno dal governo in cambio del nuovo impegno? Quale sarà l'entità dell'obolo richiesto?

Di certo, le grandi manovre del «comitato di crisi» dimostrano che l'allarme rosso è scattato. Il sistema bancario italiano è in un momento cruciale, hanno sottolineato ieri gli analisti di Berenberg. E «le decisioni che verranno nei prossimi mesi formeranno non solo il futuro del sistema bancario italiano ma anche di quello europeo». Berenberg fatica a prevedere una domanda per le tre banche italiane (Popolare di Vicenza, Veneto Banca e il Banco Popolare) in cerca di capitale nei prossimi mesi. In effetti, «ci preoccupiamo che il bail-in di una banca italiana possa causare una reazione a catena con effetti su tutto il sistema bancario europeo», affermano gli analisti temendo nuove perdite su crediti nascoste e «ancora da cristallizzare nel sistema».

Quanto al piano del governo, la banca d'affari è chiara: «facciamo fatica a capire come possa funzionare. In primo luogo il debito-Pil è al 134,6%, quindi il governo ha poco spazio di manovra su questo fronte, a detta degli analisti. Inoltre ogni tentativo di acquisto dei prestiti al di sopra del loro valore di mercato farebbe probabilmente scattare la Commissione Ue che additerebbe la manovra come un aiuto di Stato. Pertanto, «al momento non ci aspettiamo un intervento del governo su larga scala».

A Piazza Affari - complice il rimbalzo del listino milanese sulla scia di tutta l'Europa sostenuta dall'ottimismo sull'economia mondiale della numero uno della Fed, Janet Yellen - le banche hanno ripreso quota: Mps ha guadagnato il 7,8%, Ubi l'8,75%%, Banco e Bpm il 10,9, Unicredit è salita del 9,7% e Intesa del 6%.

Quando durerà? Il mercato attende news ufficiali dal governo e guarda alla prima scadenza in calendario: l'aumento della Vicenza che partirà il prossimo 18 aprile e che secondo Mediobanca collocherà il valore dell'istituto fra 1,1 e 1,6 miliardi. Poi toccherà a Veneto Banca e al Banco Popolare, che deve raccogliere un miliardo prima della fusione con Bpm.

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