Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha firmato ieri il decreto ministeriale per la conversione delle obbligazioni subordinate Mps in azioni che ora si avvia alla Corte dei Conti per la registrazione. Il ritardo nel varo della legge ha fatto slittare il periodo di adesione all'offerta del Tesoro da 1,5 miliardi per l'acquisto, da parte dello stesso ministero, delle azioni dell'istituto senese che doveva partire ieri. Alla fine è stata una questione di ore, insomma. Ma l'annuncio ieri è arrivato a Borsa chiusa quando ormai il mercato aveva già registrato un certo nervosismo per il rinvio. Nel prospetto sul rientro del Monte in Piazza Affari si legge infatti che senza il decreto e l'apposizione del visto da parte della Corte dei Conti, in tempo utile per avviare l'offerta di scambio entro il 25 novembre, l'operazione di scambio «si intenderà decaduta». Ieri il titolo Mps ha così perso l'1,35% attestandosi a 4,67 euro. La banca è tornata alle contrattazioni dopo dieci mesi di sospensione la settimana scorsa e venerdì ha chiuso la seduta a 4,7 euro, dopo aver toccato un massimo di 5,2 euro mercoledì 25.
Il ritardo però non ha irritato solo il mercato. Ma anche i soci di peso come le Generali, oggi al 4,3% del capitale di Rocca Salimbeni dopo aver convertito i 400 milioni di bond subordinati rimasti in portafoglio. L'ad, Philippe Donnet, ha già assicurato di voler giocare il ruolo di secondo azionista. Ciò si tradurrà, come anticipato nei mesi scorsi dal Giornale, in almeno un posto nel nuovo cda atteso dopo il passaggio della seconda tranche di azioni al Mef che salirà così dall'attuale 52,2% attorno al 70%. Il controllo del Monte non resterà in mani pubbliche per sempre: lo Stato si è dato un tempo massimo di 5 anni ma i soci privati hanno tutto l'interesse affinchè l'uscita avvenga il prima possibile per poter valorizzare l'investimento con il ritorno di Mps al centro del risiko bancario.
Il Leone potrebbe far sentire il suo peso anche in un eventuale ricambio del top management, a partire dall'ad Marco Morelli. Al Tesoro intendono prendersi tutto il tempo necessario per tenere fuori dalla campagna elettorale la partita sul vertice senese. Ma i tempi della politica non sono quelli del mercato. Tantomeno quelli delle Generali.
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