Economia

La rinascita di Detroit passa ancora da Motor City

La città finita in bancarotta voleva virare verso una nuova Las Vegas. Ma ora ringrazia la ripresa di Gm, Fca e Ford. E torna la febbre per pick-up e suv

La rinascita di Detroit passa ancora da Motor City

nostro inviato a Detroit

Il Naias, acronimo di North american international auto show, l'appuntamento annuale di Detroit con l'industria automobilistica, è da sempre il barometro dell'umore dell'economia non solo del Michigan ma anche di quella del Paese. L'edizione del 2015, però, ha una valenza soprattutto locale. Segna, infatti, il ritorno sulla scena mondiale, dopo il recente fallimento, della città di Detroit e, di riflesso, dello Stato del Michigan. «The came back State» è lo slogan che campeggia in vari punti della metropoli, sicuramente un modo per spronare imprenditori e popolazione a dare sempre il massimo. Il sindaco Mike Duggan, primo bianco dopo 40 anni a prendere in mano le redini di una città per il 90% abitata da afro-americani, negli anni del suo mandato intende bloccare l'esodo verso l'area metropolitana (dove invece il 95% si divide tra bianchi e asiatici), ridare vitalità a un centro urbano tuttora spento e allargare gli orizzonti dell'economia oltre l'industria automobilistica.

Un piano ambizioso quello di Duggan e premiato da alcuni dati confortanti: come crescita il Michigan si è collocato al sesto posto negli Usa, mentre la disoccupazione è scesa dal 14,2 al 7,5%. Sul rilancio specifico di Detroit e del suo centro, inoltre, ha messo gli occhi un colosso del calibro di Quick and Loans che ha deciso di investire, nell'immobiliare, un miliardo di dollari: 7mila i nuovi posti di lavoro creati.

Ma anche se il sindaco-manager, come viene chiamato Duggan, cerca di «deviare» il core business dall'automotive verso la ricerca medica e la difesa, la ripresa di Motor City ha visto le quattro ruote recitare un ruolo fondamentale. Sotto la spinta dell'economia Usa in continua ascesa e del prezzo della benzina ai minimi, il ritorno della fiducia e dei consumi si toccano con mano proprio al Naias dove le «muscle cars» (una per tutte la supercar Ford Gt), gli imponenti pick-up (il Ram 1500 del gruppo Fca Us) e i grossi Suv (da Audi Q7 a Mercedes Gle Coupe) la fanno da padrone. «Cavalli, cavalli, cavalli», dunque, è la parola d'ordine degli automobilisti Usa.

La nuova scommessa di Motor City, dopo che negli anni pre-crisi, sembrava essersi basata sui casino e sulla volontà di creare una piccola Las Vegas al confine col Canada, passa quindi attraverso l'impegno di valorizzare al massimo le potenzialità anche extra-auto del territorio. I risultati, comunque, devono ancora arrivare. Per ora, sono sempre le quattro ruote, insieme al ritrovato vigore dell'industria che le rappresenta e del suo indotto, a trainare Motor City grazie all'aumento dell'occupazione e ai nuovi investimenti annunciati da Gm, Ford e Fca Us. Delle risorte «Big Three», comunque, è solo Gm ad aver mantenuto la propria testa a Detroit, al «Renaissance center», grattacielo simbolo della città. Ford Motor Company e lattuale Fca Us non si sono mosse da Dearborn e Auburn Hills, comunque nelle immediate vicinanze.

La crisi e il successivo fallimento di Detroit hanno rappresentato per molte imprese italiane un'opportunità. Dal 2009 in avanti, prima che lo tsunami si abbattesse anche sull'Europa, in tanti hanno voluto investitore in quest'area, portando un contributo al suo rilancio. Non solo Fiat con il colpo su Chrysler, riportata in pochi anni ai tempi migliori, ma anche altri hanno voluto puntare su Detroit guardando prima all'auto e poi allargando il business ad altri comparti.

«Con il rifiorire dell'auto - spiega Cristian Baretti, dal 2008 a Detroit, cfo di Brembo Nord America, presente nel comprensorio industriale di Motor City - ora c'è più attenzione anche verso la città. E le stesse Case costruttrici hanno organizzato Charity per promuoverne il rilancio.

E se in passato le aziende presenti guardavano a come tagliare benefit e ridurre i costi, ora sembrano essere più preoccupate per la situazione economica in Europa e in Brasile».

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