C'è l'occhialeria di Belluno, anche se nel 2016 si è vista strappare il podio della crescita dalle «bollicine» del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene. I salumi di Parma. La gomma del Sebino bergamasco e le calzature del Brenta. E poi i vini dei colli fiorentini e senesi, la mozzarella di bufala campana, i dolci di Alba e le conserve di Nocera. Sono i distretti industriali italiani, in tutto 149 per un totale di 15mila aziende, a trainare la ripresa con un fatturato salito dell'1,4% nel biennio 2015-2016 ai livelli pre-crisi. E la corsa non si fermerà: entro il 2018 è prevista una crescita cumulata del fatturato del 4,3%, trainata dai mercati esteri e sostenuta dalla domanda interna.
La fotografia scattata nell'ultimo rapporto di Intesa Sanpaolo conferma che l'unione fa la forza: i distretti rappresentano il 21,6% del fatturato manifatturiero italiano, ma anche il 23,6% del suo export e il 69,2% del saldo commerciale. Il team del capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, ha analizzato i bilanci aziendali negli ultimi otto anni, ovvero dal 2008 al 2015. A ottenere la miglior valutazione, dal punto di vista della performance di crescita e redditività, è stato il distretto del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, forte di un incremento dei ricavi del 136% in otto anni, che si è piazzato davanti all'Occhialeria di Belluno (già prima lo scorso anno) e ai Salumi di Parma.
«Chi fa rete, confrontando i bilanci con quelli delle imprese non distrettuali, vince 6 a 0», commenta De Felice aggiungendo che i punti di forza sono «una quota più alta di imprese che esportano, una quota più alta di imprese che brevettano e una più alta presenza all'estero attraverso le partecipate». Soprattutto, ha evidenziato l'economista, «sono imprese più evolute sul piano strategico». Non mancano però le criticità, a cominciare dalla carenza di accelerazione degli investimenti. Colpa anche della burocrazia e dell'incertezza economica e geopolitica, ma il risultato è che gli impianti industriali sono sempre meno aggiornati e poco connessi. I distretti sono però pronti a raccogliere la sfida dell'offerta di macchinari per l'Industria 4.0. Un'indagine pilota inserita nel rapporto mostra infatti che quasi metà delle industrie meccaniche già produce macchine di questo tipo. E nel sistema della moda, segnala ancora il rapporto di Intesa, già il 70% delle imprese capofila distrettuali utilizza lo strumento dell'e-commerce.
Il ruolo della banca è dunque sostenere il gioco di squadra e accompagnare l'accelerazione degli investimenti. «Siamo l'infrastruttura dei pagamenti del Paese», ha detto ieri l'ad Carlo Messina, sottolineando che «nei primi due mesi dell'anno il gruppo Intesa ha registrato una crescita del 23% degli impieghi di medio-lungo periodo a famiglie e imprese, che hanno raggiunto quota 8 miliardi di euro». Il trend di crescita «si vede sia dal punto di vista delle richieste di mutui sia sul fronte degli investimenti da parte delle imprese» ed è «compatibile con la crescita del pil dell'1% nel 2017». Superare questa soglia diventa però «impossibile con un debito pubblico così elevato», ha ripetuto più volte Messina, chiedendo al governo di ridurlo «per riassorbire la disoccupazione che, insieme al Mezzogiorno sono la spina nel fianco del Paese».
Bisogna insistere sullo «smobilizzo degli attivi con il collocamento del patrimonio immobiliare». Del resto, ha aggiunto l'ad, «non durerà il clima accomodante dei tassi. Questo è il momento in cui va tagliato il debito e smobilizzati gli investimenti. Noi siamo pronti».
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