Il risparmio gestito corre: oltre 15 miliardi incassati

Con la performance di luglio il patrimonio sfiora i 1.480 miliardi Gli obbligazionari restano i più gettonati, snobbati i monetari

Ha superato i 15 miliardi di euro la raccolta netta dell'industria italiana del risparmio gestito nel mese di luglio: un risultato che ha portato a 75,7 i miliardi di bottino di raccolta da inizio anno. Grazie anche a questo risultato mensile superlativo, il patrimonio complessivo sfiora i 1.480 miliardi. Protagonisti del settimo mese dell'anno, le gestioni collettive con i fondi aperti che hanno contabilizzato 11,2 miliardi di saldo positivo mensile, mentre le gestioni di portafoglio si sono fermate a 3,56 miliardi, 2,9 miliardi dei quali riferiti alle gestioni patrimoniali dedicate agli istituzionali e i restanti 658 milioni appannaggio delle gestioni retail. Alla luce di questi dati, si riduce la forbice tra la quota di asset complessivo relativa alle gestioni collettive (45,8%, con 677 miliardi di asset) e quella attinente alle gestioni di portafoglio (54,2% e 802,5 miliardi).

Per quanto riguarda i fondi comuni aperti, anche a luglio hanno primeggiato quelli flessibili, capaci di calamitare sottoscrizioni nette per 4,4 miliardi; molto positivi anche i flussi verso gli obbligazionari (3,2 miliardi), gli azionari (2,5), e i bilanciati (1,3); in rosso, invece, le sottoscrizioni dei monetari (-263 milioni, ovvero -4,5 miliardi da inizio anno). Da segnalare un sorpasso importante: quello dei flessibili a dispetto degli azionari, con i primi che con 132,9 miliardi e il 20,9% di share market precedono gli azionari fermi al 20,8% (e 132 miliardi). Primatisti assoluti restano gli obbligazionari al 47,2% (con 299,7 miliardi), mentre i bilanciati si attestano al 6,2% (39,2 miliardi) e i monetari al 3,6% (22,6).

Infine, in luglio sono tornate a essere più gettonate le sicav estere che hanno incamerato 6,8 miliardi contro i 4,4 dei prodotti italiani: a livello di asset complessivi, i fondi esteri valevano a fine luglio il 69,7% mentre il restante 30,3% era appannaggio dei prodotti made in Italy.

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