Economia

La Royal Mail attiva i droni. Ma si schianta in Borsa: -13%

Bilancio deludente, le Poste inglesi puntano tutto su tech e pacchi per sostenere l'utile. E decidono tagli al personale

Il passato sono le buche per la corrispondenza, i francobolli da incollare e collezionare, la sacca del portalettere. L'avvenire sono i droni da recapito, i postage stamps con il codice a barra e, soprattutto, la spedizione di pacchi. È la fascinazione per il profitto 2.0, l'attrazione irresistibile verso un dio del denaro declinato diversamente che ti porta a sciogliere il dilemma shakespeariano su ciò che vuoi essere. Ecco, dopo oltre 500 anni di storia, Royal Mail non vuol più fare il postino, ma diventare soprattutto un corriere. Mission chiarissima, dettagliata dal ceo Simon Thompson: «Mentre emergiamo dalla pandemia, è diventata più urgente la necessità di trasformare il nostro business, particolarmente nella consegna. Il nostro futuro sta nell'attività dei pacchi, quindi dobbiamo adattare il vecchio modo di lavorare basato sulle lettere e dobbiamo farlo molto più rapidamente in un mondo che è sempre più dominato dai pacchi».

È però una metamorfosi tutt'altro che priva di spine. Se il Covid, con l'esplodere dell'e-commerce, era stato l'Eldorado per l'azienda fondata da Enrico VIII, i conti hanno cominciato a non tornare non appena le clausure collettive sono arrivate ai titoli di coda. Un'inflazione che morde e salari al palo hanno fatto il resto. Risultato: un bilancio deludente, chiuso con un utile lordo di 662 milioni di sterline, in calo dell'8,8%, un utile operativo di 577 milioni (-5,6%) e ricavi per 12,7 miliardi (+0,6%) salvati solo dalla distribuzione di kit per il test del coronavirus. Un volta finita la pandemia, anche quella piccola oasi di fatturato sarà destinata a prosciugarsi.

Londra non ha gradito, schiantando il titolo di oltre il 13%. Punizione severa, nonostante la ricetta per rimettere le cose a posto assomigli a un bigino thatcheriano. Vecchie misure per il traghettamento verso il nuovo che comprendono tagli del personale (700 annunciati in gennaio, probabili altri sfoltimenti non appena entrerà in azione la flotta di 500 droni per il trasporto della corrispondenza nelle comunità più remote del Regno); nuovi rincari per lettere e affrancature dopo aver già ritoccato del 4% il prezzo per la spedizione dei pacchi; introduzione di un supplemento carburante in alcuni contratti. Risparmiare sui costi è la via obbligata per recuperare 350 milioni, in modo da «contrastare le pressioni macro-economiche. Mentre entriamo nel nuovo esercizio, dobbiamo fare fronte a venti contrari, quali l'indebolimento del Pil e l'aumento delle tensioni sull'inflazione», ha sottolineato il presidente esecutivo Keith Williams. Ma lo scoglio più grande da superare, quello necessario per raggiungere l'obiettivo di un utile operativo rettificato di 303 milioni, si chiama sindacato. Su questo terreno va in scena l'antica contrapposizione padrone-lavoratore, esacerbata da un costo della vita che in Inghilterra è balzato al 9% in aprile, il picco più alto degli ultimi 40 anni. L'azienda ha finora offerto aumenti in busta paga del 3,5%, con l'opzione di un ulteriore aggiustamento del 2% in caso di raggiungimento di alcuni target legati alla produttività. La Communication Workers Union (Cwu) ha rifiutato la proposta, ricordando che «i profitti per l'intero anno sono stati realizzati grazie al duro lavoro dei nostri membri, non dai membri del consiglio e non dagli azionisti». La Cwu sembra pronta a incrociare le braccia, impegnandosi in una lotta prolungata a base di scioperi. Non sarebbe la prima volta: nel dicembre 2020 l'accordo su retribuzioni e modifiche operative venne raggiunto dopo un biennio di scontri.

Il postino suona sempre due volte.

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