Dopo lEnel, anche gli stipendi dellEni finiscono nel mirino del Tesoro. Ieri è toccato allamministratore delegato del cane a sei zampe, Paolo Scaroni, e ai suoi più stretti collaboratori incassare in assemblea il richiamo del ministero dellEconomia ad «adottare politiche ispirate al massimo rigore e al contenimento nella remunerazione». La replica dell'Eni non si è fatta attendere. Il consigliere Mario Resca, presidente del compensation commettee, ha subito puntualizzato che la retribuzione complessiva di Paolo Scaroni è stata nel 2010 inferiore del 33% rispetto alle oil major e dell8% rispetto alle 20 società a maggiore capitalizzazione in Europa.
Se Scaroni deciderà di ritoccare allingiù il suo stipendio lo sapremo il prossimo anno, per il momento è stato il Tesoro, socio con il 3,93% di Eni, a doversi accontentare di un assegno da 163 milioni. Decisamente meno degli 1,1 miliardi che vanno alla Cassa Depositi e Prestiti, primo azionista del gruppo con il 26,37 per cento.
Lassemblea che ha approvato il bilancio del 2011 e un dividendo di 1,04 euro (+4%) ha offerto a Scaroni loccasione per illustrare i benefici dello scorporo Snam in attesa del decreto del governo che dovrebbe arrivare a breve, «con la cessione del 52% di Snam, Eni - ha detto il top manager - ridurrà il suo debito da 26 a 8 miliardi. Avremo 7 miliardi di cassa e 11,2-11,3 miliardi di debito in meno». Il debito del gruppo scenderà così da 26 a 8 miliardi.
Scaroni, che ha escluso linteresse per il gruppo Saras, ha anche annunciato agli azionisti che «nel corso del prossimo quadriennio, con il progressivo riequilibrio dei mercati finanziari e il rafforzamento del ciclo economico, Eni, grazie al suo eccellente posizionamento strategico, continuerà a generare risultati al top dellindustria e a creare valore sostenibile per gli azionisti».
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