Sedici centesimi. È quanto vale un'azione Mps a Piazza Affari dove ieri il titolo ha lasciato sul terreno un altro 3,34% aggravando la caduta che nell'ultimo anno è stata di oltre il 90% e portando la capitalizzazione di Borsa a 492 milioni di euro.
Più le azioni scendono, più diventa complicato convincere gli investitori a mettere soldi nell'aumento di capitale fino a 5 miliardi funzionale al salvataggio della banca senese. Ieri ha pesato anche la ricostruzione pubblicata dall'agenzia Bloomberg, secondo la quale Deutsche Bank sarebbe accusata dall'istituto di vigilanza della Germania per collusione con Mps per nascondere le perdite dell'istituto italiano. Nel dettaglio la banca tedesca avrebbe occultato la transazione e decine di altre nei propri bilanci.
Eppure il nuovo ad, Marco Morelli, negli ultimi contatti avuti in questi giorni con la comunità finanziaria avrebbe fatto capire che i sottoscrittori dell'aumento ci sono e basterebbero a coprire un importo di almeno 3,5 miliardi. Tanto da riuscire a chiudere l'operazione entro fine anno. Il D-day del Monte è, infatti fissato per il cda del 24 ottobre quando verrà tolto il velo all'aggiornamento del piano industriale, all'importo della ricapitalizzazione ma soprattutto ai dettagli dello smaltimento di circa 28 miliardi di sofferenze lorde.
In particolare il prezzo di cessione degli npl attraverso cartolarizzazioni: il fondo Atlante è disposto ad acquistarli a circa il 33% del valore di carico, mentre Jp Morgan fornirebbe un prestito ponte in cambio della garanzia sul totale monte sofferenze valutato al 17 per cento.
Nel caso del Monte, una volta rafforzato il patrimonio e ripulito il bilancio dalla sofferenze sarà più facile trovare il cavaliere bianco, ovvero il partner con cui aggregarsi facendo partire un nuovo capitolo della storia della banca, che dovrà deciderne anche la governance futura. Ma lo snodo degli npl è decisivo per l'intero sistema bancario. Perché se lo sconto preteso da Jp Morgan venisse applicato anche ad altri istituti (Unicredit, Carige nonchè alle quattro good bank che ancora non hanno trovato un compratore) le necessità di capitale si impennerebbero scatenando un nuovo terremoto che la Bce vuole assolutamente evitare. Non è un caso se nei giorni scorsi al vertice convocato al Tesoro, hanno partecipato anche il fondo Atlante, uno dei suoi ispiratori ovvero il dominus delle Fondazioni, Giuseppe Guzzetti (anche azionista della Cdp e di Intesa Sanpaolo con Cariplo) e i vertici di Intesa che contribuiscono alla provvista dello stesso fondo.
«Atlante crea un mercato per gli npl, un ambiente in cui possiamo avere un prezzo veramente vicino al valore di libro del settore bancario per le sofferenze», aveva detto chiaramente l'ad, Carlo Messina, qualche mese fa.
E non è un caso se ieri Ignazio Angeloni, membro del supervisory board della Bce, ha sottolineato che «il consolidamento bancario e la dismissione degli npl saranno in molti casi complementari». È su questo fronte, dunque, che si gioca il riassetto del sistema. Non solo del Monte dei Paschi.
Nel frattempo a Siena si sta consumando lo scontro fra la Fisac Cgil e l'ad Morelli sul nome del successore di Valentino Fanti, lo storico segretario del cda della gestione Mussari rimasto al suo posto con il tandem Profumo-Viola, che dovrebbe lasciare la banca entro dicembre.
Al suo posto la politica locale vorrebbe il direttore generale di Mps Capital Services, Giorgio Pernici, sperando - si maligna nelle contrade - di poterlo far diventare il referente interno alla banca su cui contare al prossimo round delle elezioni comunali.
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