I riflettori sul processo alla Bce si sono spenti, ma in attesa del verdetto previsto per settembre, Joerg Asmussen continua a difendere a spada tratta lo scudo anti-spread. Da Karlsruhe a Berlino, dove ieri si teneva un convegno delle potenti sparkasse tedesche, lo spartito non cambia: il piano di acquisti illimitati di bond sovrani (Omt) non è un salvagente per strappare dal default gli Stati in difficoltà. Semmai, uno strumento necessario per impedire il break-up dell'euro messo sul tavolo dopo che erano state prese misure per contrastare la crisi di liquidità delle banche.
Il rischio di un'implosione della moneta unica, ha spiegato Asmussen, «stava pesando su alcuni Paesi più che su altri in quanto i mercati avevano paura, nel caso di uscita di un Paese, di un effetto domino su altri». Il cosiddetto spread della paura, pagato caro da Italia e Spagna in quel torrido luglio 2012: «Duecento punti in più sui rendimenti dei rispettivi bond», ha sottolineato l'esponente del comitato esecutivo della Bce. A quel punto, Draghi ha tirato fuori il bazooka. E tanto è bastato, visto che finora nessuno ha chiesto di usarlo, con effetti «potenti non solo nella riduzione degli spread sul debito sovrano, ma anche nel migliorare le condizioni di finanziamento per imprese, banche e privati in tutta l'area dell'euro».
Così come ribadito nei giorni scorsi davanti ai giudici dell'Alta corte, Asmussen si è detto convinto che la banca centrale stia «rispettando il proprio mandato». Questo è il punto di principale attrito con l'altro tedesco che siede nel board della Bce, il capo della Bundesbank Jens Weidmann. Un'opinione peraltro condivisa dalla maggioranza dei tedeschi, sempre meno disposti a far concessioni ai Paesi della periferia. Un'onda crescente di anti-europeismo, con ripercussioni non ancora calcolabili sul voto di settembre, cavalcata anche da due degli economisti ascoltati mercoledì scorso dai giudici in toga rossa, secondo cui «la mania del salvataggio» rischia di costare 1.363 miliardi ai contribuenti. Asmussen è però stato chiaro: «Il programma Omt ha fatto bene anche alla Germania, facendo salire i rendimenti dei titoli di Stato di circa 25 punti base».
Certo, il paracadute contro i differenziali non è la panacea di tutti i mali. Persiste, per esempio, una frammentazione finanziaria la cui causa può essere individuata negli «alti livelli di debito pubblico in alcuni Paesi dell'area dell'euro» il che, a sua volta, «può danneggiare la qualità degli asset bancari, in quanto le banche nazionali sono pesantemente esposte nei confronti dei propri governi». Ciò vale, in particolare, per l'Italia. Non a caso, Asmussen ha ricordato che a inizio 2012 il 65% dei titoli di Stato era in mano a soggetti nazionali. Poi, c'è anche la bassa crescita che agisce come deterrente nella concessione di prestiti, soprattutto alle piccole e medie imprese. In entrambi i casi, tocca ai governi agire.
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