Economia

Seat Pg, Majocchi & C indagati per bancarotta

Avevano schivato a buon prezzo l'azione di responsabilità dei nuovi padroni di Seat Pagine Gialle, che nel gennaio scorso avevano accettato di ritirare in cambio di trenta milioni di euro l'azione di responsabilità avviata per la cifra monstre di 2,4 miliardi. Ma il vecchio consiglio d'amministrazione della società non schiva l'inchiesta della Procura della Repubblica di Torino che, al termine di due anni di indagini, incrimina tutto il board per concorso in bancarotta fraudolenta. Quattordici ex amministratori e sindaci, con in testa Luca Majocchi e Enrico Giliberti (rispettivamente amministratore delegato e presidente all'epoca dei fatti) vengono colpiti con una misura cautelare tutto sommato blanda, a fronte della gravità dei fatti contestati: niente manette nè arresti, solo l'interdizione per un anno da tutte le cariche e funzioni sociali. Nell'elenco, oltre a Majocchi e Giliberti, spicca il nome di Nicola Volpi, che per effetto della misura decade da consigliere d'amministrazione dell'Inter, dove era l'uomo di fiducia del presidente Eric Thoir; tra gli altri anche Dario Cossutta, ex parlamentare di Rifondazione Comunista e figlio del fondatore del partito, Armando. Tutti gli ex membri faranno ricorso contro le misure interdittive.Verosimilmente solo la distanza di dieci anni dalle operazioni ha spinto la Procura a non chiedere l'arresto: perché, a leggere le carte dell'indagine, l'accusa è decisamente pesante. Tra il 2003 e il 2004, mentre la rivoluzione di Internet metteva la società dei vecchi elenchi commerciali di fronte a una sfida cruciale, i suoi vertici approvarono la distribuzione di un dividendo apparentemente ingiustificato, 3 miliardi e 600 milioni di euro, alimentato da linee di credito che andarono a appesantire a dismisura l'indebitamento della società.A beneficiare del dividendo, secondo l'indagine furono i fondi di private equity che controllavano all'epoca Seat, e di cui otto degli amministratori della società erano, secondo quanto accertato dalla Guardia di finanza torinese, personalmente e cospicuamente interessati. I fondi (tra cui Bc Partners, Cvc, Permira e Investitori Associati) avevano acquisito Seat nel 2003 con un'operazione interamente a debito finita anch'essa nel mirino delle fiamme gialle. Peraltro sia Lehmann Brohers che Grant Thornton, advisor dell'epoca, avevano avanzato dubbi sulla sostenibilità dell'operazione su previsioni di flussi decennali.Ed infatti l'indebitamento fuori controllo tagliò le ali a ogni speranza di uscire dalla crisi e avviò la società verso il default.

Nel 2013, l'ammissione al concordato preventivo, seguita dalla ripartenza nelle mani di altri due fondi di investimento, Avenue e Golden Tree, e poi dall'ingresso nell'orbita di Naguib Sawiris, l'imprenditore egiziano che già controlla i portali Libero e Virgilio, che attraverso Italiaonline ha acquisito ormai oltre l'80 per cento di Seat e punta a integrarla in un network nazionale di pubblicità digitale e comunicazione.

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