Economia

Sei italiani su dieci non risparmiano più

Studio Intesa San Paolo: per il 55% lo stipendio non basta. Ondata di spese e rincari per duemila euro. Crollano gli investimenti legati alla casa: c'è poco mercato con prezzi alti

Sei italiani su dieci  non risparmiano più

Anche le formiche nel loro piccolo si incartano. Non ce la fanno più. La crisi sta imponendo una rapida mutazione genetica nella mappa comportamentale degli italiani. Un tempo avevamo incastonati nel dna i cromosomi del risparmio: adesso, senza mai esserci trasformati in cicale, siamo incapaci di accantonare una parte delle nostre risorse finanziarie. E non per colpa nostra. Un altro bel timbro nero, dopo quello di Bankitalia, Censis e Istat, certifica quanto già sapevamo: le famiglie sono ormai costrette a pensare e ad agire per sottrazione, altro che impilare le monetine come zio Paperone. Un dato per tutti: ben il 61,3% dei consumatori non mette più nulla da parte, dice uno studio di Intesa SanPaolo che colloca al minimo storico il risparmio nel 2012.

È una percentuale da allarme rosso, ma anche la logica conseguenza dell’ulteriore calo del potere d’acquisto di circa duemila euro subìta quest’anno a causa dei rincari energetici e del valzer di stangate fiscali (Imu, Iva e addizionali regionali). Considerando anche l’accresciuta pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e la stasi ormai decennale degli stipendi (quasi il 55% del campione considera insufficiente il proprio reddito), è facile intuire perché tra il 2011 e il 2012 siano calate dell’8,5% le persone ancora in grado di salvare qualche euro dai bilanci domestici. Insomma, una generale situazione di sofferenza particolarmente accentuata tra i ventenni (il 70% circa i non risparmiatori), i residenti del Sud (67,5%) e chi ha un reddito mensile inferiore ai 1.600 euro. Chi può, allunga le mani sul tesoretto accumulato, intaccandolo per pagare il mutuo, le rate dell’auto o forse per non arrivare a fine mese con il carrello della spesa vuoto.

Il fenomeno è inquietante, al pari della mancanza di certezza futura. «Il tema dominante della ricerca è il disorientamento delle famiglie e la loro difficoltà nel guardare al futuro - conferma Gregorio De Felice, capo economista di Intesa SanPaolo - insieme al rigore, occorre accelerare su riforme ed equità. Equità nella distribuzione dei sacrifici ed equità tra le generazioni. È necessario favorire un ritorno di fiducia». Già, ma come? Finora, gli squilibri generazionali, in particolare l’impossibilità di buona parte dei giovani a trovare un posto e dunque a progettare un futuro, sono stati risolti con il ruolo di prestatore di ultima istanza, per usare una locuzione á la page, svolto da padri e madri.
Si risparmia infatti per aiutare i figli, pagare loro gli studi o lasciare un’eredità. Quasi il 20% degli italiani ha questo obiettivo, mentre crolla (dal 25,7% del 2004 al 5,5%) la percentuale di quanti accantonano per comprarsi la casa. Alla perdita di appealing del mattone può essere data una triplice lettura: la prima è che la maggioranza degli italiani ormai possiede un immobile; la seconda è che i prezzi degli appartamenti (e il relativo mutuo) sono considerati troppo onerosi; la terza è che non si è ancora creato un nuovo mercato, quello costituito da giovani coppie o da single in grado di fare a meno del paracadute famigliare.

E chi pensa alla pensione? S’intristisce: crisi e riforma previdenziale fanno scendere dal 26 al 20,5% il saldo sulle aspettative di sufficienza e insufficienza delle entrate al momento di lasciare il lavoro.

Niente Bahamas: possiamo permetterci solo i giardinetti.

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