nostro inviato a Ginevra
«Fiat non ha bisogno di un aumento di capitale per rilevare la quota di Chrysler (41,5%) ancora in mano a Veba». La nuova rassicurazione ai mercati da parte di Sergio Marchionne, insieme alla conferma che il Lingotto «per questo avrà il sostegno di diverse istituzioni finanziarie», ha fatto schizzare il titolo del gruppo del 5,8 per cento. L'estenuante braccio di ferro tra Marchionne e il fondo previdenziale sta infatti per entrare nel vivo: nel terzo trimestre del 2013, ha ricordato l'ad del Lingotto dal Salone dell'auto di Ginevra, «saranno a posto tutte le carte per far partire l'Ipo sulla quota della casa Usa». «A questo punto - ha aggiunto Marchionne - dobbiamo solo stabilire una valutazione chiara per la fetta di Chrysler detenuta da Veba e vedere se è possibile che Fiat rimpiazzi l'Ipo e dia, così, la liquidità al trust. In proposito ci siamo caricati di cassa e possiamo intervenire, a livello di gruppo, per garantire il denaro che occorre, senza che si creino problemi sull'indebitamento».
Con il mercato dell'auto in stato comatoso, soprattutto in Italia, Fiat continua a guardare per un verso o per l'altro Oltreoceano. E se a Detroit la battaglia con Veba si avvicina al clou, i risultati lusinghieri di Chrysler negli Stati Uniti «continueranno anche quest'anno a far da traino per il Lingotto». Per Marchionne, che alla fine del 2013 prevede di vendere con i marchi del gruppo tra 4,3 e 4,4 milioni di veicoli nel mondo, un po' di più rispetto al 2012, «la perdita non può continuare per sempre e i nodi sono due: o c'è una ripresa della domanda o si riduce la produzione; per quanto ci riguarda, comunque, non abbiamo modificato le attese sul mercato, anche se il primo trimestre sarà difficile».
La prudenza resta sempre al centro delle strategia del gruppo Fiat, visto che nel 2012 i produttori europei hanno perso qualcosa come 7 miliardi di dollari, di cui 5 miliardi di euro solo da Psa («ma noi, nel 2013, perderemo un po' meno», dopo il recente rosso di 700 milioni di euro). «La verità - ha sbottato Marchionne - è che, sui listini delle auto, continuiamo ad assistere a manovre mai viste».
Ecco allora che, ancora una volta, l'ad non si sbilancia sui nuovi investimenti previsti, quelli cioè relativi a Mirafiori e Cassino, gli ultimi due stabilimenti italiani che mancano all'appello. Intenzione del Lingotto è poter chiudere il cerchio entro fine anno, ma annunci, per ora, non sono in vista. Vero è, però, che Torino non rimanderà gli investimenti programmati nella Penisola, «a meno che non ci sarà una rottura del Paese, ovvero se si dovesse decidere l'uscita dall'euro».
Marchionne, infine, si è detto preoccupato per la situazione politica che si è venuta a creare dopo il voto.
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