Borsa di Atene: +6,8%. Spread Bonos-Bund: 518 punti. Bastano questi due dati per capire come ieri sui radar dei mercati l’allarme rosso si sia spostato dalla Grecia alla Spagna. Le quotazioni sulla possibile uscita della Grecia dall’euro sono d’improvviso precipitate, grazie ai sondaggi secondo cui le elezioni del prossimo 17 giugno vedranno l’affermazione dei partiti favorevoli alle misure di austerità chieste da Unione europea e Fondo monetario internazionale. È schizzata, invece, a livelli di guardia, la preoccupazione nei confronti della Spagna, e in particolare la tenuta del suo sistema bancario dopo l’annuncio-choc con cui, venerdì scorso, Bankia ha chiesto aiuti al governo per ulteriori 19 miliardi di euro (dopo i 4,4 miliardi giù ricevuti) allo scopo di coprire il buco creato dalla bolla immobiliare. Alla Borsa di Madrid, scesa del 2,17% e ripiegata sui livelli del maggio 2003, il titolo è crollato del 13,4% dopo essere sprofondato durante la seduta del 28%. Una picchiata verso il basso che ha impedito agli altri listini europei di beneficiare delle buone notizie arrivate da Atene. Milano ha infatti chiuso in lieve calo (-0,7%), mentre il differenziale Btp-Bund si è arrampicato a quota 437 e i rendimenti dei 3,5 miliardi di Ctz sono saliti al 4,037% (+0,68%).
Del resto, il salvataggio dell’istituto nato dalla fusione di sette casse di risparmio è ancora tutto da scrivere. Nelle casse del fondo pubblico Frob, destinato a soccorrere le banche in difficoltà, ci sono appena 5,4 miliardi. La pista praticabile, svelata da alcuni fonti del governo guidato da Mariano Rajoy, potrebbe essere l’immissione nella banca di titoli del debito pubblico, da girare alla Bce come collaterale per avere prestiti. Su questa soluzione Rajoy si è tuttavia mostrato cauto: «Non è stata ancora presa alcuna decisione». Ma l’incubo vero per Madrid è un altro: ovvero, che altre aziende del credito possano lanciare l’Sos. Al momento, tra le indiziate, ci sono tre banche regionali, peraltro già sotto la tutela pubblica: si tratta di CatalunyaCaixa, NovacaixaGalicia e Banco de Valencia. In base ad alcune indiscrezioni, avrebbero bisogno di risorse fresche per circa 30 miliardi. Il totale degli interventi di sostegno ammonterebbe, dunque, a ben 50 miliardi: una mazzata per le malmesse casse iberiche, considerato che il solo bailout di Bankia impedirebbe di centrare l’obiettivo di riportare il rapporto debito-Pil al 79,8% nel 2012. Ma è evidente che una propagazione della crisi avrebbe effetti devastanti sulla fiducia degli investitori e, di riflesso, conseguenze drammatiche sui costi di rifinanziamento sovrano. Il premier iberico ha detto che non vi sarà alcun salvataggio del sistema bancario, ma al tempo stesso ha ammesso che già con uno spread a 500 punti «è molto difficile finanziarsi». Della questione si occuperà domani direttamente il vicepresidente della Commissione Ue, Olli Rehn, in occasione della presentazione delle raccomandazioni agli Stati membri nell’ambito del «semestre europeo». La tensione tra Madrid e Bruxelles rimane però alta. L’Europa «deve agire con l’idea che l’euro sia un progetto irresistibile», ha spiegato Rajoy, accusando di fatto l’Europa di muoversi con scarsa determinazione.
Nessun appunto è stato invece mosso alla Bce, nonostante gli acquisti di bond periferici da parte dell’Eurotower siano rimasti fermi anche la scorsa settimana. Il congelamento dura ormai da 11 settimane.
Da metà febbraio l’istituito presieduto da Mario Draghi ha utilizzato solo una volta il programma con cui finora ha speso 212 miliardi di euro per l’acquisto di titoli, in particolare italiani e spagnoli. Nel frattempo, le quattro principali banche greche potranno tornare a rifinanziarsi presso la Bce dopo che ieri hanno ricevuto i 18 miliardi necessari alla loro ricapitalizzazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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