Lo stop delle bisarche manda in tilt la Fiat

Quarta settimana di agitazione. Oggi si ferma Melfi, poi toccherà a Pomigliano. Appello alla responsabilità del Lingotto. Le ragioni dello sciopero

Lo stop delle bisarche manda in tilt la Fiat

A rendere ancora più difficile questo inizio d’anno per la Fiat (vendite giù in Italia e in Europa) ci si sono messe anche le bisarche. Lo sciopero dei servizi di autotrasporto a mezzo bisarca, in corso da una ventina di giorni, oltre a creare problemi di approvvigionamento alle concessionarie, è ormai sul punto di paralizzare le attività produttive del gruppo, soprattutto al Centro-Sud e in tutti gli snodi portuali. Prima vittima dello sciopero è l’impianto di Melfi, dove viene prodotta la Punto, che oggi rimarrà chiuso. Nei prossimi giorni, avvertono da Torino, potrebbe toccare a Pomigliano e a fermarsi sarà la linea della nuova Panda. «Le perdite di produzione e di vendita - dennuncia in una nota il Lingotto - sono, a oggi, di circa 20mila unità che saranno molto difficili da recuperare nel corso dell’anno. I danni causati finora avranno un impatto negativo di circa il 10% sulle quote di mercato di marzo, in Italia e all’estero». A questo punto, il Lingotto sottolinea, rivolgendosi al governo e ai sindacati, che «è molto importante che la situazione si sblocchi in tempi brevi, in modo da ripristinare il normale svolgimento dei servizi di trasporto e non compromettere ulteriormente i risultati del comparto automotive». Lo sciopero avrà anche un considerevole impatto sulle fatturazioni sia del gruppo sia della rete vendita, settore in buona parte da mesi in forte sofferenza. L’ultima maxi-agitazione degli autotrasportatori, nel maggio del 2005, era costata al mercato 43mila automobili e ai concessionari circa 600 milioni, mentre lo Stato aveva incassato 120 milioni di Iva in meno.

Le ragioni dello sciopero vengono spiegate così: a chi acquista  un’auto ad Avellino (esempio una Fiat 500) è applicato un costo di trasporto di 530 euro, mentre l’impresa che trasporta la vettura da Fiumicino ad Avellino riceve, per quell’auto, non più di 17 euro. Di qui, per l’impresa, l’impossibilità di far fronte ai costi di gestione.

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