Economia

Stufe e camini per combattere il caro-energie? Non è così facile

Il consiglio di usare stufe e camini per riscaldarsi facendo a meno del gas è perfettibile. La combustione di legna non è permessa ovunque

Stufe a legna contro il caro-energie
Stufe a legna contro il caro-energie

Il piano reso noto il 6 settembre dal Ministero della Transizione Ecologica per affrontare i mesi rigidi nella prospettiva delle carenze di gas è diventato argomento di discussione ovunque e come sempre accade, per citare Fabrizio De André, c’è chi dà consigli sentendosi Gesù nel Tempio.

Complici i suggerimenti dati a destra e a manca, riemerge l’argomento della stufa a legna e del camino, per alcuni in grado di aggirare il caro-energie. L’idea, nel suo principio almeno, è un richiamo ai tempi andati ed è persino nostalgica ma è nella sua applicazione che si inciampa.

Legna bandita

La legge 90/2013 ha inteso migliorare la qualità dell’aria, disciplinando norme più stringenti in materia di impianti termici alimentati a legna per i quali, per esempio, è necessario predisporre gli scarichi a tetto e comunque mediante apposite canne fumarie. Nella medesima legge, che percepisce la direttiva Ue 2005/32/CE, si disciplina l’uso di scarichi a parete soltanto per le caldaie a condensazione e altri impianti a basse emissioni di ossidi di azoto. La legge lascia spazio discrezionale alle regioni le quali, più o meno all’unisono, regolamentano da anni l’uso della legna da ardere limitandolo perché ambientalmente insostenibile e nocivo per l’uomo.

Posizioni che possono essere contestate alludendo all’ampio uso che ne hanno fatto le generazioni precedenti e, a questo proposito, è prima di tutto utile fare ricorso ai dati scientifici. L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) certifica che, in Lombardia, il 39% delle emissioni di PM10 è di origine domestica, puntando il dito proprio contro la combustione della legna in piccoli apparecchi, definendola concausa delle elevate emissioni di polveri sottili nella Regione. Inoltre, fa notare l’Arpa, le fonti di calore a legna danno bassi rendimenti energetici. Tanto fumo e poco rendimento, insomma. Oltre al PM10, sul banco degli imputati sale anche il PM2,5, particolati aerei che sono in grado di raggiungere il tratto tracheo-bronchiale (PM10) e di entrare ancora più in profondità nel corpo umano fino a raggiungere la regione alveolare (PM2,5). Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) abbraccia il tema con un’ottica più ampia ma giunge alle stesse conclusioni, ovvero alla carica inquinante e poco salutare della legna arsa.

Mentre sui social la discussione prende forma senza tenere conto degli effetti della combustione della legna sulla salute dell’uomo, ci sono diverse norme regionali che ne limitano l’uso. Il discorso prende quindi soprattutto una piega economica: per risparmiare sulle bollette del gas si può essere chiamati a prestabilire impianti talmente costosi da assumere una prospettiva logica soltanto se impiegati nell’arco di diversi anni e di circoscrivere l'uso delle fonti di calore a legna non per tanto per ottenere un risparmio quanto per riuscire a produrre calore nel caso in cui il gas non fosse più disponibile.

Le regioni, ognuna per fare proprio, disciplinano l’uso delle stufe a legna e dei camini partendo spesso da un principio comune, sancito dal decreto 186/2017 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo il quale stufe e camini vanno catalogate con un sistema da 2 a 5 stelle, laddove a maggiore valore corrisponde una maggiore qualità ambientale nel rapporto tra rendimento ed emissioni. Un’altra logica che può essere osservata dalle Regioni è quella di norme da applicare a impianti che superano i 5kW e che, in realtà, rischia di essere fuorviante perché è difficile che le stufe moderne abbiano una potenza termica inferiore.

Esaminando la disciplina imposta dalle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana, a partire al più tardi dal 2020, sono imposti per legge l’uso e l’installazione di stufe dotate di almeno 4 stelle. Eccezioni sono previste per quegli immobili in cui non ci sono forme alternative di riscaldamento ma, al netto di questi casi, le norme sono stringenti e prevedono costi di una certa entità tra acquisto e istallazione della stufa ed eventuali accorgimenti per renderla utilizzabile come, per esempio, la canna fumaria.

A questo occorre aggiungere la legna, il cui prezzo potrebbe salire in modo più che sensibile durante i prossimi mesi.

C’è persino il rischio che il risparmio conseguito sia inferiore rispetto a quello prospettato e che l'investimento possa dare i suoi frutti soltanto nel tempo.

Commenti