Via libera dei soci al riassetto di Cassa Depositi e Prestiti. Ma il ribaltone al vertice del maggior finanziatore degli investimenti pubblici, controllato dallo Stato, resta un gran pasticcio. Per il metodo, per le poco chiare motivazioni fornite dal governo Renzi («motivi tecnici») e anche per la fretta, considerato che la scadenza naturale del cda era già fissata per il 2016.
Il pasticcio è continuato anche ieri: prima la convocazione alle 10 del mattino, poi lo slittamento alle 14 per dare il tempo al Consiglio dei ministri di essere aggiornato sulle novità. Poi un nuovo rinvio alle 18 quando finalmente ha avuto inizio l'assemblea. Sul tavolo, il rinnovo anticipato del presidente Franco Bassanini, sostituito con Claudio Costamagna, e dell'amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, che ha lasciato il posto a Fabio Gallia. Nessuna bocciatura dell'operato dei vertici della Cassa, ha scritto da parte sua Bassanini in una lettera inviata alle Fondazioni e al cda della Cassa, ma solo la necessità prospettata da Palazzo Chigi e dal Tesoro di «insediare un nuovo consiglio che abbia davanti un mandato triennale e possa impostare fin da ora il piano industriale 2016-2018». Piano che, si dice, sarà più interventista rispetto al passato. Pur dovendo comunque rispettare le normative Ue sul divieto di aiuti di Stato illegittimi.
Per cambiare le poltrone di Cdp, si sono però dovute prima approvare le modifiche statutarie relative alla governance, e quelle che consentiranno la nomina di Gallia, oggi ancora al timone di Bnl, su cui pende una citazione in giudizio della procura di Trani. Per rendere possibile la sua designazione va cambiata la cosiddetta clausola di onorabilità (introdotta nel 2013 con la direttiva Saccomanni) seguendo la strada presa dall'Enel che, con l'avallo del Tesoro, ne ha subordinato l'applicazione sia all'emissione di una sentenza di condanna non definitiva per alcune tipologie di delitti, sia all'arrivo di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale. La procura pugliese ha aleggiato ieri sul D-Day della Cassa anche per nuovi risvolti relativi all'Eni, di cui Cdp possiede quasi il 26 per cento. Secondo l'agenzia Agir - rilanciata dal sito Dagospia - i magistrati di Trani starebbero indagando su un fantomatico complotto per destabilizzare l'ad Claudio Descalzi «teleguidando interventi e posizioni all'interno del cda di Eni spa».
Ombre giudiziarie a parte, il riassetto di Cdp è arrivato ieri in assemblea dopo un lungo braccio di ferro con le Fondazioni. Come garanzia offerta agli azionisti di minoranza (al 18,4%) verranno creati un comitato rischi e un comitato strategico, entrambi guidati dal vicepresidente scelto dagli enti, ovvero Mario Nuzzo (presidente della Fondazione Tercas, socia dell'omonima banca abruzzese commissariata da Bankitalia nel 2012 dopo essere finita al centro di un'inchiesta sulla gestione), mentre per gli altri due posti sono stati proposti Carla Ferrari, in quota alla Compagnia di San Paolo, e Simonetta Sanna, vicepresidente della Fondazione Banco di Sardegna. Infine, per scegliere la destinazione degli utili servirà una maggioranza qualificata.
Intanto su Twitter il presidente uscente Franco Bassanini ieri ha cinguettato: «Lascio in buone
mani il governo di Cdp. Costamagna e Gallia esperti e capaci professionisti. Ottimi i nomi del governo e delle Fondazioni per il cda». Segno che ha ottenuto un buon accordo per l'uscita, hanno subito commentato i maligni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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